
“Quando un uomo muore, entra nella storia. Quando le statue muoiono, entrano a far parte dell’arte. Questa botanica della morte è quella che chiamiamo cultura”. L’asserzione è posta in epigrafe alla collettiva dal titolo resnaisiano Les Statues Meurent Aussi (film omonimo del 1953). La frase, come una tesi o una dichiarazione d’intenti che può essere dimostrata, riunisce una mostra singolare. Un’esposizione elegante e variegata che, seppur poco riconducibile alle premesse accattivanti e d’antan del titolo, resta dotata di omogeneità tematica e di un’insolita atmosfera formale. Nelle sale della galleria, dipinti a olio di piccole dimensioni di Nicholas Byrne si contrappongono alle strutture materiche sospese di Joëlle Tuerlinckx, agli assemblaggi vitrei di Elias Hansen per poi richiudersi sui bilanciamenti sospesi di Marie Lund. Al termine del percorso, nell’ultimo angolo della galleria, il documentario di Resnais, da un piccolo televisore elevato a totem, trasmette e infonde immagini in bianco e nero: simulacro d’altri tempi.
Ginevra Bria
Milano // fino al 26 novembre 2011
Les Statues meurent aussi
SUZY SHAMMAH
via San Fermo / via Moscova 25
02 29061697[email protected] www.suzyshammah.com
1 / 16
2 / 16
3 / 16
4 / 16
5 / 16
6 / 16
7 / 16
8 / 16
9 / 16
10 / 16
11 / 16
12 / 16
13 / 16
14 / 16
15 / 16
16 / 16
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati