Ai Weiwei: l’est al nord
Discusso, controverso e spesso meglio conosciuto come dissidente del governo cinese che come artista. Ma capace di intrecciare con forza arte e vita. In Danimarca, nel cuore del Louisiana Museum of Modern Art, a pochi chilometri da Copenhagen, c’è una retrospettiva di Ai Weiwei. Fino al 12 febbraio.
Del lavoro di Ai Weiwei (Pechino, 1957) si conoscono bene le imprese titaniche, come aver portato 1001 cinesi a Documenta nel 2007, o aver riempito la Turbine Hall della Tate di Londra nel 2010 con 100 milioni di semi di girasole in porcellana dipinti a mano. Ma quando si parla di lui pare che tutto assuma un’aura artistica, compresa la collaborazione per la realizzazione del nuovo Stadio Olimpico di Pechino. Ogni occasione, intima o sociale che sia, diventa momento prezioso per intrecciare arte e vita in una combinazione sofisticata.
Inaugurata senza la sua presenza (Ai Weiwei, dopo alcuni mesi di detenzione nel 2011, non può al momento uscire dalla Cina), nella cornice del Louisiana Art Museum di Humlebæk – il più importante museo d’arte moderna e contemporanea danese, situato a un tiro di schioppo da Copenhagen – la retrospettiva raccoglie opere dal 2003 al 2010. Si tratta di opere che paiono sovvertire l’ordinario, o semplicemente capovolgerlo, come rovesciando un pantalone per svuotarne le tasche.
Mentre la presenza di numerosi video conferma l’impegno di Ai Weiwei come attivista, documenti raccontano il tempo e il desiderio di riscatto sociale del popolo cinese, tre delle opere esposte rasentano la monumentalità. Forever, Fountain of Light e Trees sono infatti opere riproposte in scala negli spazi del Louisiana. Forever, eco del readymade Dada, si compone di quarantadue biciclette. Private dei pedali e manubri, e assemblate a formare una torre circolare, le bici costituiscono un “ciclo” che non conduce in nessun luogo e soprattutto non “per sempre”. Negando cioè il titolo dell’installazione stessa, che è poi il nome della fabbrica cinese di veicoli a due ruote che ha sfruttato per anni la manodopera locale.
In Tree, invece, quattro alberi si innalzano totemici verso il soffitto. Sono alberi ricostruiti con pezzi di legno di piante morte provenienti dalla Cina meridionale: tronchi e rami realizzati a intaglio come sculture. Se presi singolarmente, i diversi frammenti ricorderebbero opere di artigianato cinese, ma accorpati diventano metafora della creazione che trasforma la materia inerte in forme vitali. Tra gli alberi il percorso è segnato da Rocks, porcellane bianche e blu che mimano le immagini occidentali e stereotipate della Cina. Fountain of Light, nel giardino nordico, è una spettacolare torre alta circa sette metri realizzata in cristallo.
È la parafrasi del monumento simbolo sovietico progettato da Tatlin nel 1919-20; architettura mai realizzata che avrebbe ospitato la direzione dell’Internazionale comunista. Non in vetro e acciaio, ma appunto in cristallo, è un’installazione che brilla e produce riflessi tutt’intorno come se ricordasse la fiamma accesa dell’ideologia. O, per contro, il fallimento dell’ideologia stessa, non messa in pratica e ormai imprigionata nella forma di un candeliere tipico delle abitazioni borghesi. In Danimarca, insomma, un Ai Weiwei ideologically correct.
Claudio Cravero
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Humlebæk // fino al 12 febbraio 2012
Ai Weiwei
a cura di Anders Kold
LOUISIANA CONTEMPORARY
Gammel Strandvej 13
+45 49190719
[email protected]
www.louisiana.dk
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