Artemisia, che donna!
Oltre 100mila persone, in poco più di tre mesi, hanno visitato “Artemisia Gentileschi. Storia di una passione” a Palazzo Reale a Milano. Un successo meritato, per una mostra ottimamente allestita (le scenografie sono nientemeno che di Emma Dante) e soprattutto per un’artista straordinaria. Al di là del gossip.
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Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1653), figlia del rinomato pittore Orazio, sembra aver ereditato dal padre un gran talento, che esprime già da giovanissima: è infatti del 1612 circa la prima Giuditta che decapita Eloferne. Ma è soltanto dal secondo dopoguerra che la critica la riscopre, spesso strumentalizzandola ai fini di ideologie femministe, dato che Artemisia denunciò uno stupro subito da Agostino Tassi, collega del padre, e fu protagonista di un processo che fece scandalo.
Proprio con la scena dello stupro inizia la mostra: un letto sfatto e, appesi al soffitto, gli atti del processo con la voce di Emma Dante che interpreta le dichiarazioni di Artemisia. Un impatto forte, che non lascia insensibili, e che procura una sensazione che accompagnerà la visita di tutte le successive sale: la sensazione quasi di entrare in qualcosa di intimo, personale, e di fare, di quadro in quadro, la conoscenza di una donna che fece della sua vita un’opera d’arte.
Se la critica moderna l’ha scoperta tardi, i committenti del tempo l’amavano moltissimo: tra i suoi maggiori estimatori, Carlo V d’Inghilterra, il nipote di Michelangelo Buonarroti e il Granduca Cosimo II a Firenze, la famiglia Barberini e quella dei Frescobaldi, il vicerè di Napoli e soprattutto il suo grande collezionista, Cassiano dal Pozzo.
Artemisia cambiò spesso città durante la sua vita tumultuosa e da ogni luogo venne suggestionata e influenzata, modificando in parte la sua arte: il curatore Corsini la definisce una pittrice camaleontica, e sicuramente fu una donna e un’artista che seguì, come sottolinea il titolo della mostra, la propria passione. Quella stessa passione e indole che traspare nelle opere: è facile immaginarla giovanissima al processo a sostenere gli sguardi morbosi dei presenti con l’orgoglio negli occhi, gli stessi occhi che ritroviamo in molti autoritratti, come in quello da Suonatrice di liuto (1617-18) o nell’Allegoria della Fama (1630 ca.), così come nelle numerose Giuditta con in mano la testa di Oloferne.
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Artemisia Gentileschi - Giuditta e la fantesca Abra con la testa di Oloferne - 1617-18 - Firenze, Galleria Palatina - © Archivi Alinari, Firenze
La mostra riesce molto bene a illustrare la personalità e il genio di Artemisia; le cinquanta preziose opere esposte ricostruiscono fedelmente la sua produzione, intersecandosi continuamente alle sue vicissitudini personali, e gli apparati critici alle pareti, oltre all’audioguida, sono utilissimi per calarsi nel tempo e nello spazio di Artemisia. Un’unica delusione: l’app per l’iPad, che non aggiunge nulla e semmai banalizza la visita, riducendosi a un giochino inutile. Almeno è gratuita!
Emanuela Bernascone
Milano // fino al 29 gennaio 2012
Artemisia Gentileschi. Storia di una passione
a cura di Roberto Contini e Francesco Solinas
Catalogo 24 Ore Cultura
PALAZZO REALE
Piazza del Duomo 12
02 54911
www.mostrartemisia.it
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