Le avanguardie all’Arengario
Nello spazio degli Archivi del Novecento, una raccolta di disegni, collage, dipinti, sculture e testi intreccia un filo tra futuristi e Dada e tra questi e la città di Milano. Attraverso una selezione di opere prestate dalle collezioni private cittadine. C’è tempo fino a metà gennaio per vederle.
Collegare Milano al Futurismo è fin troppo facile. Marinetti la definì una città “grande, tradizionale e futurista”. Nel 1910, affascinati dal primato di città più industrializzata e motorizzata d’Italia, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini e Luigi Russolo firmano proprio a Milano il Manifesto della pittura futurista, della quale uno dei massimi esempi è la Rissa in Galleria di Boccioni, ovvero nel luogo più intensamente simbolico della “milanesità”. Inoltre, recentemente proprio il Museo del Novecento ha raccolto la più vasta e significativa silloge di opere del capofila futurista.
Pensando alle città dada, invece, non viene certo in mente Milano, ma piuttosto la Zurigo del Cabaret Voltaire o la Parigi di Marcel Duchamp e Man Ray. I collezionisti meneghini sembrano aver tradito il genius loci pratico, materialista e progettuale per innamorarsi del movimento fondato da Tristan Tzara su basi sovversive della logica, del senso comune e dell’ordine sociale e linguistico.
Dada e Futurismo nacquero da identiche esigenze di tabula rasa del linguaggio artistico ed ebbero esiti complementari e opposti: da un punto di vista formale, furono accomunati dalla centralità della parola scritta, nei manifesti come nei collage, e dalla polemica verso il bello tradizionale, che portò all’esaltazione dell’automobile come all’orinatoio ready made di Duchamp; da un punto di vista ideologico, è significativo notare come nei rispettivi ambienti (tra i dadaisti anarchici e pacifisti e i futuristi della guerra “igiene del mondo”) si formarono sia Lenin che Mussolini.
Nella Sala degli Archivi si notano corrispondenze e demarcazioni. Vibrations di Man Ray, un acquerello policromo che riproduce la propagazione di un’onda potrebbe essere una versione smaterializzata degli studi cinetici di Balla, così come il Cavalletto di quest’ultimo possiede analogie formali con gli assemblaggi di Kurt Schwitters.
Dada ne signifie rien: se i montaggi di cartoncini pieni di sberleffi e provocazioni guadagnano un surplus d’ironia dall’esser stati incorniciati e appesi in salotti e musei, altrove il discorso si fa più serio e tragico. Il piatto forte dell’esposizione è sicuramente nel display di opere grafiche: frontespizi, cartoline, illustrazioni da libri, manifesti teorici e manifesti agit prop… Se è possibile osservare le prime stampe dei manifesti futuristi dedicati a ogni ambito dell’arte e della vita, ancora più interessanti sono alcuni saggi della propaganda antimilitarista e poi antinazista nei geniali fotomontaggi di Kurt Tucholski e John Heartfield. L’ironia e la passione per il calembour e la risignificazione apprese dai dadaisti si mettono al servizio di una satira che smonta la propaganda hitleriana e ne denuncia l’orrore.
Alessandro Ronchi
Milano // fino al 15 gennaio 2012
Dada-Futurismo. Dalle collezioni milanesi
a cura di Italo Rota e Vicente Todolí
MUSEO DEL NOVECENTO
Piazza Duomo 12
02 88444061
[email protected]
www.museodelnovecento.org
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