Magnifica ossessione: iconofilia veneziana
Ossessione per il dato visivo puro, per il potere dell’occhio, che scivola nell’estetismo puro (che è comunque una scelta) o, peggio, nella retorica (che invece non è una scelta). Appunti dalla collettiva di giovani artisti alla Bevilacqua La Masa di Venezia. Tra potenzialità e limiti, fino al 22 gennaio.
Appuntamento fisso con la collettiva della Bevilacqua, una delle poche istituzioni che cerca di promuovere con costanza la giovine arte del Triveneto; ciò che emerge è un’urgenza per il dato visivo ed estetico; un’ossessione non sempre sana.
Le gallerie di San Marco si aprono con il video di Nicole Moserle, esaltazione del paradosso insito nel concetto di “natura morta”, il cui significato va ben oltre la semplice rappresentazione dell’inanimato. I quasi 16 minuti di ripresa fissa di un salice piangente scosso in modo quasi impercettibile indicano quella duplicità di cui parla Moserle; la base concettuale è solida, peccato che il sottotitolo citazionista privi il lavoro del potere del “non detto” che sembra voler suggerire.
Si continua con Valerio Nicolai, i cui lavori più interessanti presenti in mostra non sono le tele a tecnica mista, ma le più minute installazioni che, pur facendo leva su un tema non innovativo quale la memoria e la sua ricostruzione, presentano uno sviluppo inaspettato e un’ironia acuta. Luigi Leaci soffre profondamente la parzializzazione, anche se per ovvi motivi espositivi; è legittimo chiedersi perché un lavoro la cui potenza è data dall’accumulazione e anche paradossalmente dalla difficoltà fruitiva che ne consegue debba essere presentato in una forma talmente sintetica da risultare insufficiente e imparziale.
Più onestamente sintetico e coerente il lavoro di Giorgio Micco; il rapporto tra sfondo e soggetto è condotto in maniera sporca ma lucida, c’è da sperare che conservi questo disincanto.
Laura Pozzar è l’exemplum massimo di questa foga estetica: basta, un’artista deve essere riconoscibile solo dall’apostrofo, perché ci ostiniamo a vestire in rosa e quindi a ghettizzare anche la ricerca espressiva?
Chi conosce il cursus di Michele Spanghero capisce che l’opera presente in mostra è stata creata apposta per l’occasione Bevilacqua, adattando una poetica e una modalità operativa ben più complesse e sottili.
La ricostruzione del lavoro di Fabio De Meo rappresenta l’apoteosi di quell’ossessione per il dato estetico e irriflessivo: l’affastellamento di oggettini, chinoiserie, l’azione che vuole essere ribelle ma senza convinzione di scrivere sui muri è esattamente ciò che denuncia la didascalia, “la ricostruzione tramite apparato documentativo di un gioco”. Nulla più. L’insistenza per il dato visivo, ma anche la quasi totale mancanza di freschezza di una collettiva che, per definizione, ospita i lavori di giovani artisti, segnala forse una delle debolezze insite nel genoma della collettiva che, limitandosi a giovani artisti del Triveneto, pesca all’interno di un bacino di menti che, per età e per esperienza non può avere quella diversificazione e maturità che invece si potrebbe avere ampliando il raggio di ricerca.
E forse Angela Vettese ha ben chiara quest’aporia che mette a rischio la vita stessa dell’istituzione: “Se, con la sua esperienza, la Bevilacqua La Masa potesse riconvertirsi come un servizio al paese, potrebbe superare la propria marginalità e diventare un punto di raccordo… Questo genere di istituzione manca ancora. Prima o poi ci si dovrebbe pensare…”. Ha ragione. E speriamo non resti solo una frase su un catalogo.
Giulia De Monte
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Venezia // fino al 22 gennaio 2012
95ma Collettiva Giovani Artisti
FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA
Piazza San Marco 71c
041 5237819
[email protected]
www.bevilacqualamasa.it
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