Si è scritto molto e detto ancor di più riguardo le operazioni di storicizzazione/celebrazione dell’Arte Povera e della Transavanguardia operate in questi mesi dai rispettivi teorici. Questa mostra di Sandro Chia (Firenze, 1946) offre la prima possibilità di confronto rispetto alle metodologie di lavoro. La scelta della città, di Modena in particolare, viene motivata quale richiamo alla prima esposizione ospitata dalla Galleria Mario Mazzoli (Tre o quattro artisti secchi, 1978), discorso simile a quello fatto per la mostra bolognese e quella napoletana a cura di Germano Celant.
O meglio, mentre nelle citate esposizioni poveriste è ben chiaro il riferimento al precedente storico (dal titolo ai documenti e alle opere esposte), per quella modenese è necessario apprenderlo dai comunicati o dal catalogo. Questo perché l’allestimento risulta alquanto disomogeneo, privo di chiari riferimenti cronologici (non ci sono indicazioni che motivino gli accostamenti tra le opere e il percorso ideato), tematici (le stanze e i corridoi non sono dotati di descrizioni supplementari a quella introduttiva) tanto che di fatto, senza una lampante guida, le didascalie diventano lettura obbligatoria.
Da queste ultime apprendiamo che molte delle opere in mostra si riferiscono all’ultimo decennio e che buona parte del corpus esposto al Foro Boario proviene da collezioni private cittadine. Informazioni e apparati esigui se, come ci si aspettava, l’occasione era quella giusta per costruire un’importante antologica che rappresentasse al meglio non solo la carriera pluritrentennale dell’artista, ma anche il significativo contributo che uno dei protagonisti del movimento ha dato alla scena artistica internazionale.
Difficile in questo clima apprezzare e comprendere la vera spaccatura avvenuta, anche nel nostro Paese, tra il contesto germinato tra la fine degli Anni Sessanta e la prima metà degli Anni Settanta, e il decennio successivo. Il ritorno della pittura, di cui Chia fu degno protagonista, di una figurazione frammentata, “sfasciata”, di tecniche e approcci definiti, a seconda della nazione di provenienza, dumb art, bad painting, puro materialismo. Dell’attitudine citazionista che per Chia ha significato non solo utilizzo e stravolgimento di temi classici e motivi della tradizione popolare, ma uno sguardo curioso verso i colori di Depero, le composizioni di Balla, le forme di Cézanne. E, ancora, un delicato utilizzo della carta, un rapporto libero con il disegno, tutt’altro che subalterno al pittorico, visibile in un piccolo gruppo di opere lungo il percorso.
Claudio Musso
Modena // fino al 29 gennaio 2012
Sandro Chia
a cura di Achille Bonito Oliva e Marco Pierini
Catalogo Prearo
FORO BOARIO
Via Bono da Nonantola 2
059 2032911
[email protected]
www.comune.modena.it/galleria
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