Tutte le stanze di Hernández
Un’indagine che è anche una retrospettiva, la prima in un museo italiano. Diango Hernández presenta le sue stanze, spazi in bilico tra pubblico e privato. Da perfetto padrone di casa, ci accompagna in un mondo riservato che accoglie in sé anche tracce della realtà esterna. Al Mart di Rovereto, fino al 26 febbraio.
Le living room entro cui Diango Hernández (Sancti Spíritus, 1970; vive a Düsseldorf) conduce i suoi ospiti sono vere e proprie camere viventi o, ancor meglio, stanze di vissuti. L’artista cubano crea un immaginario domestico, fatto di spazi raccolti e oggetti di recupero, in cui la dimensione privata è il punto di partenza per toccare tematiche sociali e politiche. Ogni indagine comincia dal livello individuale, come a dire che anche le questioni apparentemente più distanti trovano le proprie ragioni e i propri effetti nell’uomo
Per l’occasione, le sale del Mart abbandonano le vesti del white cube per piegarsi alle esigenze “domestiche” della mostra, privilegiando una maggiore separazione degli spazi e un’atmosfera di intimità. Hernández, emigrante vissuto a metà strada tra la Cuba di Castro e il mondo occidentale, si mette in prima persona, portando alla ribalta uno stralcio di vita che ha qualcosa da dire anche a livello generale.
Nella grande varietà di materiali utilizzati, si nota sin dalle prime opere un’estetica dello scarto ben diversa da quella a cui artisti come Thomas Hirschhorn ci hanno abituati. Qui l’organizzazione dei relitti è metodica e parla dello stato di penuria tipico della vita quotidiana cubana, che costringe a riadattare vecchi oggetti a nuovi utilizzi per dare loro nuova vita. In questa pratica del “non si butta via niente” il vero rivoluzionario è un semplice straccio per la polvere ricavato da una vecchia camicia e utilizzato nella famiglia di Hernández. Osservando The only book, una libreria in ferro su cui trova tristemente spazio soltanto La guerra dei guerriglieri di Che Guevara, si capisce anche come questa pratica di riutilizzo possa rappresentare la sola espressione libertaria in una cultura repressiva fondata su un’unica visuale.
Nel video Dancing with missiles si arriva a parlare anche di Guerra Fredda. Le riprese aeree dei siti missilistici sovietici installati a Cuba si armonizzano con i movimenti di Nureyev nella prima esibizione televisiva registrata dopo la sua fuga dalla Russia. Il vissuto personale dell’artista si collega ai rivolgimenti internazionali, ma lungo tutto il percorso, soprattutto in lavori come Tired Stop e Il mio parco, la risposta alla complessità del mondo sembra risiedere nell’attesa.
Stop, aspettare: queste le parole che si trovano nei lavori di Hernández. È una stasi che rimanda al mondo privato, rifugio dal caos esterno, ma anche fucina da cui sviluppare il cambiamento.
Gabriele Salvaterra
Rovereto // fino al 26 febbraio 2012
Diango Hernández – Living Rooms, a Survey
a cura di Yilmaz Dziewior
Catalogo Silvana Editoriale
MART
Corso Bettini 43
800 397760 / 0464 438887
[email protected]
www.mart.trento.it
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