Arturo Schwarz. Ovvero la cultura surreal-milanese
Dalla poesia alla politica, dal Surrealismo all’anarchia. In occasione della mostra che apre oggi al pubblico, abbiamo intervistato a tutto campo l’immarcescibile Arturo Schwarz. Che ci ha regalato una galoppata lungo la prateria della cultura. Un viaggio di oltre mezzo secolo, al fianco di personaggi come Vittorini e Breton.
Milano, 8 febbraio 2012, ore 10. La sala dell’artandgallery di via Arese 5 è luminosissima: sta per inaugurare l’ultimo evento dello spazio, prima della sua chiusura definitiva. Tutti i fari sono puntati sull’allestimento architetturale della mostra La poesia prima di tutto. Arturo Schwarz, una vita nell’arte. All’interno del percorso espositivo sono in programma tre incontri sul tema: Duchamp e il Surrealismo il 16 febbraio; Surrealismo, amore e politica il 23 febbraio; Poesia totale e Surrealismo il primo marzo.
Alla conferenza stampa sono presenti alcuni fra i principali promotori della cultura milanese. Philippe Daverio e Alan Jones presentano l’ottantottenne professor Schwarz e le sue creature. Attorno a loro, sostegni tassellati di libri, cataloghi e plaquette rievocano la cronologia di una Milano preconizzatrice della post-avanguardia. Nella sala scorre anche un video-collage di fotografie, proiettato sullo schermo di grandi dimensioni. Tutto il materiale esposto è consultabile a computer. Chiunque potrà visionare a monitor la trama della cultura del Novecento. Ambito in cui Arturo Schwarz ha registrato il tempo attraverso la politica, la psicoanalisi, la storia, la poesia e la pittura, con sguardo da indelebile surrealista.
Professor Schwarz, potrebbe descrivere come si sviluppa il percorso di La poesia prima di tutto?
In mostra sono esposte un centinaio, tra plaquette di poesie e cataloghi che ho pubblicato in oltre sessant’anni di attività. Abbiamo deciso di inserire cinque raccolte antologiche, delineando quattro sezioni per quattro diverse tipologie editoriali che mostrassero il libro come strumento di analisi e di visione. La mostra è tutta compresa tra una delle mie prime pubblicazioni in Italia (En clé de ré-si-vœux, Schwarz Editore, Milano 1954) e l’ultima raccolta delle mie poesie (dal 1946 al 2007), volume che ha vinto il Premio Nazionale di Poesia di Frascati nel 2006. E inoltre possibile vedere esposti i cataloghi delle principali mostre da me prodotte e organizzate, eventi che, a partire dal 1954 fino agli Anni Sessanta e Settanta, hanno contribuito a ospitare a Milano artisti quali Duchamp, Man Ray, Baj, Arman, Spoerri e molti altri.
Qual è, secondo lei, il volume più prezioso in mostra e perché?
Credo che il volume per me più significativo sia una raccolta di poesie scritte in francese e pubblicate in Francia. Il volume di cui parlo è Malgré tout (Pierre Seghers, Paris 1952). All’interno avevo inserito molte poesie d’amore dedicate alla mia prima moglie, mancata dopo trentatré anni di luna di miele. Il titolo, Malgré tout, è importante perché riassume quello che per me ha rappresentato la poesia: l’espressione massima del mio essere uomo oltre; malgrado la mia vita, malgrado la prigionia, malgrado le torture che ho subito, malgrado le perdite alle quali ho assistito, malgrado tutto, insomma.
In che modo la tecnologia digitale cambia il nostro modo di consultare i volumi in mostra?
In modo catastrofico, pessimo. La tecnologia cambia la relazione tra il lettore e quelli che sono l’odore della rilegatura, il rilievo dell’inchiostro e la superficie della carta. È come pensare che si possa fare l’amore con un manichino o, ancora peggio, con un’immagine digitale. Certo, è vero che i volumi in mostra, grazie all’uso di un computer, potranno essere letti molte volte senza subire alcun danno, ma è anche vero che i libri amano essere toccati. Sono fatti per questo.
Quale personaggio ha rappresentato il centro della cultura milanese?
Elio Vittorini, non c’è dubbio. Eravamo molto amici, ci incontravamo spesso a Milano in una libreria che oggi ha chiuso i battenti. Vittorini, secondo me, era un vero uomo di cultura. Lo conobbi nel 1949, ero appena arrivato a Milano dall’Egitto. Ero stato liberato dal campo di internamento di Abukir, in seguito alla vittoria d’Israele sull’Egitto. Ero uno dei fondatori della sezione egiziana della Quarta Internazionale. Sul mio passaporto era stampato su ogni pagina: pericoloso sovversivo – espulso dall’Egitto. Arrivai a Milano bollato come fascista, eppure Elio Vittorini, che era un intellettuale illuminato di sinistra, mi accolse benevolmente. Con lui cominciai a scoprire cosa fosse il sapere.
Che cosa è la cultura a Milano, oggi, rispetto agli Anni Sessanta?
Inutile sottolinearlo: Milano è cambiata. Sul finire degli Anni Cinquanta, la città era energica e vivace, era il centro di infiniti viavai di artisti e autori internazionali. L’unico aspetto che non è mutato, forse, è rappresentato dal settore delle attività musicali. Se si volesse, grazie anche a compagnie private, si riuscirebbe ad andare a un buon concerto, di musica classica intendo, almeno una volta a settimana. Per quanto riguarda i club letterari, invece, è scomparso tutto. Sembra che ormai la gente, di sera, guardi solo la televisione. La vita sociale è ridotta al minimo, prima esisteva una vera e propria comunità intellettuale a Milano. Eravamo noi a essere sempre accesi, non la tv.
Che cos’è per Arturo Schwarz la poesia oggi?
È l’espressione più diretta della personalità e dell’essenza umana. La poesia surrealista, poi, rappresenta quel dialogo fluido che scivola oltre l’etica e l’estetica per dar voce all’inconscio. Io sono e resto, fino in fondo, poeta surrealista. Lessi il primo libro di André Breton nel 1940, in Egitto, avevo sedici anni. Capii subito che il mio metodo di scrittura automatica si avvicinava al metodo compositivo dei surrealisti. Così scrissi direttamente a Breton, a New York. La mia lettera gli arrivò dopo quattro mesi, scampando agli U-Boot tedeschi che infestavano l’Atlantico. La sua risposta fu un meraviglioso éblouissement. Ci scrivemmo, in seguito, per molto tempo, fino a che, nel 1949, dopo essere arrivato in Italia, riuscii a rifarmi un passaporto vergine e a viaggiare verso Parigi, per conoscerlo di persona, nel suo appartamento di Montmartre.
C’è un autore/artista contemporaneo che la affascina?
Ci sono molti artisti poco conosciuti, ma, secondo me, validi, divertenti. Mi piacciono, ad esempio Giovanni Bonaldi, Enrico De Paris e Francesco De Molfetta.
Che cosa è stato Arturo Schwarz e chi è oggi?
Un essere umano che appartiene alla specie Sapiens sapiens, come tutta la popolazione della terra, proprio come tutta la gente del mondo.
Se la poesia viene prima di tutto, che cosa succede dopo?
Partendo dall’assunto di base che la poesia sia uno strumento iniziatico, si deve pensare che essa permetta di agire e dunque di applicare una rivoluzione sociale a partire dalla propria individualità. Tutti i grandi intellettuali che ho conosciuto erano politicamente impegnati. Tanti sono stati uccisi dalla Guerra civile spagnola. Io, però, dal 1965-66 non sono più trotskista: la libertà fine a se stessa è mera utopia. Oggi non appartengo più a nessuna parte politica. Oggi mi professo anarchico e contribuisco al gruppo scrivendo testi e curando pubblicazioni. L’anarchia, sottolineo, non coincide con la violenza, ma anzi promuove l’autocoscienza collettiva come unica risorsa contro il principio di autorità.
Quali progetti futuri ha in serbo?
Sto portando a termine un libro sul Surrealismo, un volume di 1.400 pagine che sarà edito da Skira. Dopo dieci anni, finalmente, lo presenterò durante questa primavera. Inoltre, per metà dell’anno prossimo, darò alla luce anche il secondo volume del Dizionario del Surrealismo.
Ginevra Bria
Milano // fino al 9 marzo 2012
La poesia prima di tutto. Arturo Schwarz, una vita nell’arte
a cura di Alan Jones
ARTANDGALLERY
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02 6071991
[email protected]
www.artandgallery.it
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