La Venezia mediterranea di Gennaro Favai
La bocciatura all’Istituto di Belle Arti, i viaggi in Europa, il lungo soggiorno a Capri. E, infine, il ritorno a Venezia. Osservata però dall’alto dei campanili. Tutta la vicenda di Gennaio Favai in 200 opere a Ca’ Pesaro, fino all’11 marzo. Mentre in Laguna arriva la rivoluzione capeggiata dalla neodirettice Gabriella Belli.
Era predestinato forse dal suo stesso nome, come suggerisce Gabriele D’Annunzio in una lettera indirizzata al “fratello d’arte”, nella quale il Vate elogia Gennaro Favai (Venezia, 1879-1958) per la sua singolare capacità di interpretare la bellezza del paesaggio meridionale. La lettera si trova in mostra insieme ad altri documenti.
“Non comincio a dipingere prima di essere costretto da una forza interiore, come da un desiderio impetuoso al quale non poter resistere. La pittura viene con grande facilità perché si è già formata nella mia mente […] Tutto può essere dipinto, a condizione che l’emozione sentita ne sia la prima e la sola ragione”. Così dichiara Favai nella lunga intervista rilasciata al critico americano C. L. Borgmeyer per il saggio The Art of Gennaro Favai, uscito sul Fine Art Journal nell’aprile del 1912.
La rapidità di tratto con cui l’artista dà corpo all’idea già concepita nella mente viene sostanziata attraverso il “metodo veneziano”, un modo tutto particolare di usare la tempera, risalente al XVI secolo e consistente nel mescolare della colla (di origine animale o vegetale) ai pigmenti. Dalla conseguente rapida essiccazione ne derivava il seguente vantaggio: “Alto valore luminoso, tenuta della pennellata e inalterabilità nel tempo”, nelle parole dello stesso Favai, raccolte dall’artista Giovanni Soccol, allievo e co-curatore della mostra.
Le oltre 200 opere esposte a Ca’ Pesaro, comprendenti dipinti, ma anche disegni, acquerelli e incisioni, danno conto dell’ambiente cosmopolita in cui si muoveva l’artista, il quale dopo aver abbandonato Venezia – Favai venne “rimandato ed escluso” dall’Istituto di Belle Arti – e soggiornato in diverse città europee, proprio per esercitarvi la professione d’artista, insieme alla moglie Maria Kievts, figlia dell’ambasciatore olandese in Francia, scrittrice e poliglotta, risiedette a lungo a Capri.
All’epoca l’isola era frequentata da artisti, scrittori, gente dello spettacolo e stravaganti aristocratici, provenienti da ogni parte del mondo, con i quali la coppia entrò in relazione; fu proprio il sindaco di Capri, l’ingegnere Edwin Cerio, che commissionò a Favai l’illustrazione di diversi volumi destinati alla tutela e valorizzazione dell’isola.
L’artista decise tuttavia di ritornare a Venezia, la sua città natale, e di ricominciare a dipingerla. Ma al posto delle corpose cromie mediterranee, che avevano contraddistinto i suoi giovanili notturni veneziani, l’artista preferì osservare la città dall’alto dei campanili. Ci restituisce, quindi, una Venezia smaterializzata, avvolta in una leggera impalpabile luminosità, come se colta dallo sguardo di un “gabbiano in volo”.
Adriana Scalise
Venezia // fino all’11 marzo 2012
Gennaro Favai – Visioni e orizzonti 1879-1958
a cura di Silvio Fuso, Giovanni Soccol, Elisa Prete, Cristiano Sant
CA’ PESARO
Santa Croce 2076
848 082000
[email protected]
capesaro.visitmuve.it
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