Melotti, tra materia e idea

Una fuga in crescendo tra idea e materia, tra astrazione e residui figurali. L’elastico dialogare, in contrappunti mai cacofonici, tra il vero e la sua sintesi mentalizzata. Una grande retrospettiva per riscoprire il pianista dell’arte. Fausto Melotti al Madre di Napoli, fino al 3 aprile.

“Stupido amore della materia. L’arte (…) come Minerva nasce dal cervello. (…) Un muro invalicabile, il muro della poesia, preclude la cittadella dell’arte. Lì dentro le idee passeggiano nude”. È tutta in queste righe di tensione dialettica ed estetica, l’arte di Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986). Nel conflitto tra aspirazione ascetica, matematica, idealizzazione vibrazionale in armonie plastico-visive, e fascinazione per l’umbratile e volubile epidermide della materia, con la tentazione di donarle tutte le sfumature di cui essa può farsi capace. E il percorso espositivo del Madre, nella sua centrata ampiezza rappresentativa, rende legittima giustizia all’abilità quasi “musicale” di Melotti (che, non a caso, si diploma in pianoforte) nell’esplorare, dal pianissimo al fortissimo, ogni oscillazione – tra determinazione e delicatezza, tra il moto e l’immoto – della ceramica, del gesso, del ferro e dei materiali più disparati. Eppure, la seduzione del mondo e del materico non si traduce, nell’artista, in alogico soggiogamento passionale sanguigno e istintivo; informale, per intenderci.

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Fausto Melotti - Senza titolo - 1950 - collezione Marta Melotti, Milano – courtesy Archivio Fausto Melotti

Il teatro del concreto e del tattile non è presentazione in azione e a canovaccio, ma ancora e sempre rappresentazione, filtrata e meditata da uno sforzo di epurazione e distillazione mentale, tese a individuare una sorta di “qualità platonica” e assoluta dei materiali, una forma sottesa al loro manifestarsi fenomenico. Già, la forma: altro terreno di tensione contrappuntistica, in cui ritrovare la perdurante volontà di Melotti – che, non per nulla, era anche ingegnere – di rintracciare, dietro l’apparenza mondana, l’assoluto universale, quasi matematico, di cui questa è espressione. Contesa, quella tra mimetismo e astrazione della figura, che impronta tutta la ricerca dell’artista, contaminandosi negli anni di tangenze espressive legate agli umori delle epoche via via attraversate.

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Fausto Melotti - Scultura n. 11 - 1934 - collezione privata – courtesy Archivio Fausto Melotti

Ecco quindi il mondo asciugarsi nelle forme esatte dell’astrazione organica nelle opere degli anni Trenta, per poi riacquisire carne di terracotta e gesso nelle sculture più mimetiche degli anni del Ritorno all’Ordine, parentesi momentanea prima della sua affabulazione onirica nei Teatrini e nelle Korai di risentimento surrealista, preludio alla scarnificazione giacomettiana e, infine, alla razionalizzazione metalinguistica, nei lavori indaganti la superficie o a influsso nucleare e cinetico. In tutti, l’ansiosa ricerca, da parte della figura, del perfetto timbro visivo che possa interpretarne l’euritmica e poetica essenza.

Diana  Gianquitto

Napoli // fino al 9 aprile 2012
Fausto Melotti
a cura di Germano Celant
MADRE
Via Settembrini 79
081 19313016
www.museomadre.it


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Diana Gianquitto

Diana Gianquitto

Sono un critico, curatore e docente d’arte contemporanea, ma prima di tutto sono un “addetto ai lavori” desideroso di trasmettere, a chi dentro questi “lavori” non è, la mia grande passione e gioia per tutto ciò che è creatività contemporanea.…

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