Questione di populismo. Giustappunto a Parigi
Perché significativi progetti made in Italy sono spesso realizzati in sedi e istituzioni straniere? A partire dal 2010, sono infatti ben due le residenze straniere che l’italiano Matteo Lucchetti ha attraversato per maturare il suo “Enacting Populism”. Progetto aperto sulle relazioni tra pratiche artistiche e paesaggio mediatico populista, ora è in mostra alla Kadist Art Foundation di Parigi. Fino al 22 aprile, in pieno clima elettorale presidenziale.
Se il populismo nasce storicamente in Russia come atteggiamento politico che esaltava i valori delle classi popolari secondo un’idea di comunitarismo rurale, la deriva dei suoi principi conduce immediatamente alla demagogia. Questa falsa democrazia, accreditatasi e legittimatasi grazie a quell’humus mediatico di cui è al tempo stesso madre e figlia, costituisce la questione aperta su cui ha cominciato a interrogarsi qualche anno fa il giovane curatore Matteo Lucchetti.
Allievo di Marco Scotini a Milano, dal quale proviene senz’altro l’interesse e la fascinazione per determinati temi e urgenze della contemporaneità, Lucchetti pare averne ereditato anche la metodologia critica, l’analisi e non ultimo le forme narrative nel dispiegamento dei pensieri. Le riflessioni sul populismo e le sue emanazioni culturali sono iniziate nell’ambito di una residenza all’AIR di Anversa per poi proseguire attraverso un dibattito pubblico nella cornice di Extra City, sempre ad Anversa. Nel 2004 (non è dunque un caso che le riflessioni siano partite dal Belgio) il Vlaams Balang è stato votato come il partito più apprezzato dell’ala populista radicale di destra. E nello scenario post-politico a cui stiamo assistendo oggi, vale a dire dove la politica sembra aver perso la sua capacità di creare miti e interrogare realmente i propri interlocutori, il progetto Enacting Populism intende così indagare il termine “populismo” ampliando gli orizzonti di senso sulla sfera politica e le sue manifestazioni.
La Kadist Fundation di Parigi, istituzione nel cuore di Montmartre che ha ospitato per sei mesi il curatore, si trasforma dunque non solo grazie alle opere esposte – quasi tutte di artisti italiani e olandesi – ma cambia completamente volto. Allestiti per l’occasione come la vecchia sede del partito comunista, con pittura verde pisello alle pareti, locandine, slogan e tavoli da ufficio, gli spazi ospitano a diversi livelli le campagne elettorali di ipotetici ed eleggibili presidenti.
Padroni della piccola sala proiezioni sono gli Alterazioni video. Il lavoro, sulla scia del protagonista di Qualunquemente interpretato da Albanese, è il videoclip di un promo elettorale in cui il candidato presenta il suo programma a suon di rap. La musica costituisce infatti l’espediente retorico e persuasivo per raccogliere consenso popolare, per far leva su sentimenti irrazionali e alimentare al tempo stesso la paura verso minoranze qui utilizzate come capro espiatorio. La performance e il video di Luigi Coppola, invece, nati da una collaborazione con l’economista e antropologo belga Paul Jorion, partono dai testi raccolti dal blog Utopia realista dello stesso Jorion, per la creazione di uno script che segue la struttura del teatro greco classico.
Il giovane Jonas Staal presenta Closed Architecture, lavoro basato sulla tesi omonima di Fleur Agema. Attraverso un sofisticato display, come se si trattasse di un’agenzia immobiliare, l’artista ricostruisce il prototipo di una prigione articolata su quattro livelli, corrispondenti cioè alle altrettante fasi di “ricollocamento dei detenuti”, che offrono loro – a seconda della condotta – l’illusione di una libertà sempre più vicina al cielo aperto.
Con sagacità, i Superflex presentano un fittizio “contratto di corruzione”, debitamente siglato dal collettivo e ispirato alla reale convenzione anticorruzione delle Nazione Unite. Non ultima, Nicoline van Harskamp, in mostra con il video della sua perfomance Character Witness. Si tratta di un discorso composto a partire da estratti autobiografici dell’infanzia di personaggi come Malcolm X, Hillary Clinton e Margaret Thatcher che, combinati con descrizioni politiche di eventi realmente accaduti, formano un nuovo speech interpretato da attori per riflettere sul significato del termine “potere”.
Solitamente attribuito a tendenze partitiche di destra, per via dei discorsi conservatori e xenofobi, l’intervista al filosofo argentino Ernesto Laclau (presente sul sito www.enactingpopulism.org) chiarisce invece come il concetto di populismo sia molto più esteso e comprenda tutti i tipi di democrazia che tendono a imporsi come regimi. Enacting Populism è allora il territorio delle possibilità e delle interpretazioni; quel media(e)scape che Lucchetti sottolinea essere il paesaggio mediatico intorno al populismo, ma anche la sua presa di distanza. La fuga.
Claudio Cravero
Parigi // fino al 22 aprile 2012
Enacting Populism
a cura di Matteo Lucchetti
KADIST ART FOUNDATION
19bis-21, rue des Trois Frères
+33 (0)1 42518349
www.kadistfoundation.org
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati