Negli ultimi anni, Elisabeth Scherffig (Düsseldorf, 1949; vive a Milano) ha osservato e fotografato vetri di natura eterogenea trasfigurati nei suoi disegni a pastello su carta Arches. La serie Vitrea, presentata alla Faggionato Fine Arts di Londra, è una riflessione, tramite il disegno, sulla vista e sulla luce. In occasione della mostra è stato pubblicato un libro monografico che documenta un numero maggiore di lavori del ciclo, edito da Fonds Mercator di Brussels (2011), con testi di Deyan Sudjic (direttore del Design Museum di Londra, già direttore della Biennale di Architettura di Venezia nel 2002) e David Landau (esperto di arte vetraria e governor del Courtauld Institute).
Il vetro è un materiale creato e usato dall’uomo in varie tipologie e contesti; è un confine, una membrana, può occultare e proteggere, è un diaframma tra mondo esterno e mondo interno, spazio chiuso e spazio aperto. Gli appunti fotografici dell’artista diventano un diario quotidiano, metabolizzato e stravolto nella composizione finale dell’opera. Instancabile flâneur, dopo le grandi vedute architettoniche, cantieri e scenari urbani “sotterranei” osservati come manifestazione di una costante, e a volte “misteriosa”, metamorfosi, oltre che come documenti dell’evoluzione storica della polarità tra natura e cultura (non a caso, già nel 2000, Gillo Dorfles intitolò un testo dedicato all’artista con la formula alchemica V.I.T.R.I.O.L. – Visita Interiora Terræ Rectificando Invenies Occultum Lapidem), la serie Vitrea rappresenta un momento di passaggio nella sua produzione.
Elisabeth Scherffig ha concentrato lo sguardo solo su un singolo elemento, il vetro, quasi un particolare di una grammatica più generale e complessa, arrivando a esiti “astratti” e più “assoluti”. Il vetro diventa un frammento anatomico della nostra realtà, e in anatomia il “corpo vitreo” è il mezzo rifrangente dell’occhio, composto da massa amorfa e gelatinosa, situato tra la retina e il cristallino.
L’artista alterna sapientemente il suo caratteristico tratto energico e incisivo a segni più morbidi e filamentosi, lavorando con pause ritmiche tra pieno e vuoto; ogni disegno ha una struttura e un effetto visivo diverso, superando la semplice mimesi della realtà. Il segno strappa quel Velo di Maya di schopenhaueriana memoria e acquista valore conoscitivo. Il vedere diviene un “vedere-oltre”. E infatti, grazie a questa “vista” macroscopica e microscopica, alcune composizioni rimandano a microrganismi biologici, fibre vegetali o superfici astrali.
Anche l’allestimento rimarca il fascino luminoso di ogni singolo lavoro, una luce quasi intrinseca al disegno; la disposizione, e la sua vena tassonomica, evocano una sensibilità, e una sensazione, musicale. Polifonia e polisemia.
Gaspare Luigi Marcone
Londra // fino al 27 aprile 2012
Elisabeth Scherffig – Vitrea
FAGGIONATO FINE ARTS
49 Albemarle Street
+44 (0)207 4097979
[email protected]
www.faggionato.com
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