La primavera londinese sembra anticipare il fermento previsto per l’estate, che si preannuncia caldissima. La mostra che la Tate Modern dedica a Yayoi Kusama (Matsumoto, 1929) rappresenta la seconda tappa di un itinerario iniziato al Beaubourg di Parigi e che si concluderà al Whitney Museum di New York. Una scelta curatoriale, quella londinese, come spiega Francis Morris, probabilmente inaspettata, in cui viene prediletta la ricerca artistica dei primi anni, la presentazione degli archivi personali e paradossalmente l’uso del bianco nella sua opera (l’artista è nota per la sua ossessione per il colore e i pois).
Yayoi Kusama è sicuramente l’artista giapponese più conosciuta al mondo. La sua produzione amplissima prende forma già dai primi anni Quaranta, quando inizia a sviluppare il corpo come estensione del proprio lavoro, ma anche attraverso pittura, scultura, disegno e collage. Tra gli anni Sessanta e Settanta diventa una delle figure centrali per l’avanguardia newyorkese, spaziando dal pop al minimalismo, alla performance. Nel 1973 il rientro in Giappone, dove reinventa completamente se stessa come scrittrice e poetessa ma senza mai abbandonare l’attività figurativa.
L’artista, oggi ultraottantenne, è ancora impegnata in una produzione vastissima, ossessiva, come la definisce lei stessa, presente alla vernice sulla sua sedia a rotelle a pois e una parrucca rosso fuoco. L’intensità del suo lavoro cresce via via nel percorso espositivo, diventando quasi allucinazione fino all’ultima delirante e commovente sala: la Infinity Mirrored Room.
In occasione della mostra, la Tate Modern ha pubblicato la sua ultima autobiografia: Infinity Net (Tate Publishing, 2012).
Barbara Martorelli
Londra // fino al 5 giugno 2012
Yayoi Kusama
a cura di Francis Morris
TATE MODERN
Bankside
+44 20 7887 8888
[email protected]
www.tate.org.uk
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