Sogni infranti
Come se la passa il “sogno americano”? Dinanzi alla crisi, gli artisti reagiscono con la creazione di un mondo personale e governabile, un luogo in cui trovare rifugio. Una mostra alla Strozzina di Firenze parla di realtà e immaginazione nell’arte americana. Fino al 15 luglio.
Esiste ancora il sogno americano? Resiste di fronte alle problematiche che affliggono la società statunitense? L’attuale instabilità degli Stati Uniti e dell’american dream è tradotta dagli artisti esposti in differenti forme, volte ad esprimere il medesimo sentimento di inadeguatezza connesso alla perdita del controllo sul proprio mondo. Dinanzi allo stravolgimento di tutte le sicurezze, a partire da quelle di base, come la casa e il lavoro, la rappresentazione artistica non può che rispecchiare uno stato di smarrimento e disagio generale. Come osserva Franziska Nori, direttrice de La Strozzina, questo “ritiro dal reale non si traduce in un ritiro autobiografico, in un isolamento personale o in un approccio di stampo diaristico”, quanto piuttosto in un ritorno nel privato per riflettere su una crisi collettiva.
Una possibile risposta è offerta dalla rappresentazione simbolica di una società minacciata dall’inquietudine dettata dalla perdita delle proprie certezze. Thomas Doyle crea microcosmi di piccole dimensioni che offrono allo spettatore una visione a 360 gradi. Onnicomprensività che si rivela ben presto illusoria, poiché questi diorami rivelano, a uno sguardo più attento, situazioni catastrofiche e inquietanti. Simbolo chiave della rappresentazione è la villetta unifamiliare che ritorna anche negli “affreschi mobili” di Adam Cvijanovic, i cui sogni pittorici alternano a mondi esplosi di antonioniana memoria, panorami di periferie urbane in costruzione o in rovina.
Una differente risposta è costituita dalla fuga in una dimensione fantastica, immaginaria, onirica. Una fuga presentata da Adrien Broom come ambivalente: può liberare in uno stato di estasi e di grazia ma anche immobilizzare, annegare, annullare. Christy Rupp e Kirsten Hassenfeld, costruendo le loro opere con materiali di scarto, si oppongono alla logica consumistica. Se la prima se ne serve per una critica all’approccio utilitaristico dell’uomo nei confronti della natura, la seconda crea fragili sculture che sembrano appartenere a un mondo incantato.
Nei suoi dipinti Will Cotton associa riferimenti colti a elementi tratti dalla cultura popolare, per suscitare nello spettatore il desiderio di evasione e consumo, verso mondi di dolciumi e figure femminili maliziosamente sospese su cieli rosati. Secondo Bartholomew F. Bland, curatore della mostra, dalla volontà di creare una realtà dai confini manipolabili e controllabili possono scaturire opere connesse all’idea di guscio o elementi grandiosi finalizzati a costruire un’intera società di fantasia. Alla possibile realizzazione del sogno americano sembra sostituirsi un terrore ostacolabile soltanto mediante l’immaginazione dei sognatori americani, che si rifugiano in desideri alternativi a un futuro sempre meno controllabile.
Laura Poluzzi
Firenze // fino al 15 luglio 2012
American Dreamers
a cura di Bartholomew F. Bland
Catalogo Silvana Editoriale
CCCS – CENTRO DI CULTURA CONTEMPORANEA STROZZINA
Piazza Strozzi
055 3917137
[email protected]
www.strozzina.org
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