Tempo di crisi. Anche Palazzo Ducale fa i conti. Così, nel cinquantesimo anniversario della morte di Yves Klein (Nizza, 1928 – Parigi, 1962) si deve rinunciare a una grande retrospettiva sul lavoro dell’artista francese e optare per un focus sul suo rapporto con il judo e il teatro.
Visitando la mostra, la sensazione è quella di osservare un perfetto esempio di come si possa costruire qualcosa sul niente, o meglio, sul poco. Così quelli che in una grande retrospettiva sarebbero stati degli ottimi apparati, diventano i protagonisti. Certo il sottotitolo, a leggerlo davvero, è esplicativo: Judo e Teatro – Corpo e Visioni: non si parla di monocromi, composizioni col fuoco, spugne, sculture, antropometrie.
Ecco le “regole”, che si possono desumere per fare una mostra con (quasi) niente.
Primo: prendere un grande nome. Yves Klein è un artistar: “La mia opera non è una ricerca, è la mia scia”. Eccentrico, geniale, capace di fondere insieme fascino e profondo intellettualismo. Figlio d’arte, grande viaggiatore, la sua strada non converge da subito verso la carriera artistica: dopo aver frequentato la Scuola nazionale della Marina Mercantile va a Tokyo dove studia il judo. Lo pratica fino al 1955 quando decide di dedicarsi completamente all’arte e alla pittura, sua passione già dal 1946.
Secondo: accumulare, riempire, allestire, illuminare. Fotografie di Klein judoka, altre delle Antropometrie, lettere, documenti, schizzi, film, opere dei genitori, Marie Raymond e Fred Klein, e di Rotraut, sua compagna. Unica opera dell’artista è la vasca contenente l’IKB (International Klein Blue, il cui utilizzo è peraltro fallito sui materiali di comunicazione).
Terzo: sfruttare sapientemente la comunicazione. Attraverso il titolo scritto in maiuscolo “YVES KLEIN”, un lunghissimo comunicato stampa e un catalogo straripante di parole si crea più o meno dichiaratamente nello spettatore l’aspettativa di poter vedere almeno qualche opera del maestro.
Rimane un dubbio, che è più un quesito da porre a chi gestisce il budget dello spazio: e se, per una volta, si fosse provato a rischiare investendo su un artista certo meno popolare di Van Gogh ma comunque affascinante per il pubblico? Sarebbe così sbagliato provare a gestire meglio i soldi disponibili togliendone un po’ alle “facili” proposte goldiniane per innalzare il livello culturale di uno spazio espositivo e, quindi, di un’intera città?
Alice Cammisuli
Genova // fino al 26 agosto 2012
Yves Klein – Judo e teatro, corpo e visioni
a cura di Marco Goldin
PALAZZO DUCALE
Piazza Giacomo Matteotti 9
010 5574000
[email protected]
www.palazzoducale.genova.it
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