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Alla Fondazione Marconi la proposta espositiva di inizio estate è dedicata a Emilio Isgrò (Barcellona Pozzo di Gotto, 1937), in una riedizione della mostra che l’artista siciliano pensò per i festeggiamenti di “Istanbul città europea della cultura”, celebrata nel 2010 e presentata alla Taksim Sanat Galerisi.
Questa volta Isgrò si dedica a una lingua morta, quella ottomana, nel tentativo di ritrovare delle tracce che facciano pensare alla Turchia come un paese europeo già dalle sue più remote origini. Così, cancellando i caratteri incomprensibili di una lingua che fu per scelta trasposta in caratteri latini, Isgrò trova i segni che cerca: Marie Antoinette è citata in caratteri latini nel “codice ottomano del Terrore”, Goethe e Shiller in quello della Longevità e la città Bruxelles è nominata nel “Codice ottomano delle Ombre”.
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Emilio Isgrò – Var ve yok – 2010
Il titolo della mostra (Var Ve Yok) significa in turco “c’è e non c’è”, stabilendo un parallelo tra la storia della nazione e quella dell’arte di Isgrò. La mostra, in origine, era pensata infatti come una grande retrospettiva, e cercava di tracciare la storia della nascita delle famose “cancellazioni”. Nate come un gesto artistico negli anni Sessanta (quando, più che mai, furono proprio i gesti a fare l’arte), assunsero sempre più significato per Isgrò, fino a diventare un ponte tra la poesia e lo svuotamento della parola verificatosi a seguito del superpotere dell’immagine. Cancellare diventa quindi un modo per imporre la partecipazione attiva dell’osservatore, che è obbligato a ricostruire (o inventare) quello che non c’è più, a concentrarsi più profondamente su quello che rimane e a porsi delle domande.
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Emilio Isgrò – Istanbul – 2010
Questa riflessione sulla cancellatura schiuse la possibilità di lavorare sulla Turchia in relazione all’Europa e al suo padre putativo, Ataturk, definito dallo stesso Isgrò come “cancellatore”. Fu proprio Ataturk infatti a decidere di soppiantare i caratteri ottomani con quelli latini, traghettando la Turchia verso il contemporaneo, cosciente del fatto che se si vuole cambiare si deve, in qualche modo, anche cancellare. I Codici Ottomani sono del resto un pretesto, un ricordo di Isgrò bambino che teneva in casa una stampa turca del nonno antiquario.
Alla Fondazione Marconi è esposta la parte della mostra di Istanbul del 2010 relativa ai Codici Ottomani e alla Turchia: oltre ai quattordici Codici, le cartine turche con le cancellature dei nomi e le bandiere dedicate ad Ataturk. Allo Studio Marconi invece sono esposte opere più piccole relative allo stesso tema e alcuni studi per quelle esposte in Fondazione.
Rebecca Mombelli
Milano // fino al 27 luglio 2012
Emilio Isgrò – Var ve yok. Codici ottomani
FONDAZIONE MARCONI
Via Tadino 15
02 29419232
[email protected]
www.fondazionemarconi.org
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