Invito a cena. Tra Burri e Daverio
Per la prima volta nella storia della Collezione Burri, a Città di Castello, viene imbandita una lunga tavolata, negli ex Seccatoi del Tabacco. L'opera monumentale dell'artista tifernate prende nuova vita. Tra portate eleganti e provocazioni di Philippe Daverio.
30 giugno 2012, Città di Castello, ex Seccatoi Tabacco, Collezione Burri. La luce, durante il giorno, mostra di cosa sia fatta ogni cosa. A causa del caldo, i muri sbiancati e le strade nette costringono chiunque, da mattino a sera, a spostamenti brevi, necessari. Oltre le mura, il sole prosciuga la campagna, spaccandone la terra e regalando all’ombra, sempre più solida, il privilegio oscuro del ristoro. Di fronte alla messa a nudo lineare di case, tetti, palazzi, ruderi, giardini e piazze, quel che emerge dal suolo assume forma e origine sintetica; fenomeni quasi direttamente allusivi dell’opera di un ben noto artista tifernate: Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995).
Infatti. Il solco più indelebile del passaggio di Burri nel mondo si trova proprio in questa cittadina umbra, tra Palazzo Albizzini e gli ex Seccatoi Tabacco, prefabbricato poco al di fuori del centro storico. Palazzo Albizzini, risalente alla seconda metà del XV secolo, è una dimora dotata di una superficie totale di 1.660 mq ripartita su tre piani, che ospitano complessivamente 130 opere, selezionate e allestite dallo stesso Burri. Lavori che, composti dal 1948 al 1989, mettono in scena Catrami, Muffe, Gobbi, Sacchi, Legni, Ferri, Combustioni, Cretti e Cellotex, oltre ai bozzetti per scenografie e alcuni esempi di grafica.
Ma l’imprimatur più interessante del maestro tifernate resta all’interno del complesso industriale degli ex Seccatoi, sorti fra il 1959 e il 1963, per l’essiccazione del tabacco tropicale. Nel 1978 gli spazi vennero concessi in uso gratuito all’artista, e nel 1979 furono temporaneamente aperti per la presentazione al pubblico del primo vasto ciclo pittorico: Il Viaggio. Ma fu solo grazie all’acquisizione di tutto il complesso da parte della Fondazione Palazzo Albizzini, che nel luglio 1990 lo spazio restaurato cominciò a ospitare permanentemente 128 opere, realizzate da Burri fra il 1970 e il 1993.
La vera particolarità del progetto trans-industriale risiede nella natura dei lavori esposti, che nascono per appartenere a cicli pittorici e scultorei predeterminati (sculture monumentali, collocate anche sul prato all’esterno). I cicli, voluti come un insieme multiplo e inscindibile di opere, costituiscono oggi una sorta di eredità unificata di Burri (Il Viaggio, Orsanmichele, Sestante, Rosso e Nero, Annottarsi, Non Ama il Nero ecc.), sebbene inizialmente fossero stati creati per diversi altri spazi in Europa. L’artista umbro, infatti, a partire dagli Anni Settanta individuava un luogo e solo successivamente creava dipinti e sculture ad hoc.
Oggi, ad oltre vent’anni dall’apertura degli ex Seccatoi, il monumento autoconservativo di Burri vive finalmente, seppure per una sola sera, di nuova linfa. All’interno di una delle 16 ripartizioni e delle migliaia di metri quadri allestiti, Philippe Daverio, Maurizio Calvesi e l’assessore alla cultura dell’Umbria, Fabrizio Bracco, introducono un centinaio di ospiti alla cena su invito. Durante la presentazione istituzionale, Daverio anima gli invitati e, come il caldo di questi giorni, mette a nudo un aspetto/difetto della realtà umbra: lo sfruttamento indiscriminato del territorio, a causa del moltiplicarsi indiscriminato di prefabbricati industriali.
Nonostante l’appello protezionistico, delicato e accurato, la campana d’allarme di Daverio rischia di suonare come un’invettiva senza eco. Un grido che dall’interno stesso di un sacrario industriale non può uscire. A meno che, come succede al di fuori, la luce di ogni giorno su Città di Castello non mostri nuovamente di cosa sia fatta ogni cosa.
Ginevra Bria
Città di Castello
PALAZZO ALBIZZINI
Via Albizzini 1
EX SECCATOI DEL TABACCO
Via Pierucci
075 8554649
[email protected]
www.fondazioneburri.org
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