Là dove ti porta il pop. Con Plamen Dejanoff
L’utopia sociale di cambiare il volto di una città: come l’architettura si presta alla realizzazione di un progetto artistico rivolto al pubblico. Tutto questo in Bulgaria, ma anche a Bologna. “Planets of Comparison” è l’ambizioso progetto di Plamen Dejanoff che il MAMbo ospita fino al 9 settembre.
Sembra che un’esplosione si sia abbattuta nella Sala delle Ciminiere del MAMbo: in piedi resta solo la struttura portante di uno scarno edificio, mentre a terra sono sparsi vari elementi decorativi del pavimento e della facciata. Non è uno scenario post-atomico, piuttosto la presentazione dell’ambizioso progetto Planets of Comparison di Plamen Dejanoff (Veliko Tarnovo, 1970).
Nei suoi primi lavori c’è una costante riflessione sulla società globalizzata e tardo capitalista. Dejanoff infatti s’intrufola nelle pieghe del marketing più agguerrito, strizzando l’occhio a Jeff Koons ed Andy Warhol, ma anche al Realismo Capitalista di Sigmar Polke e compagni. Punto forte delle sue azioni è il rapporto disincantato e scanzonato verso il mondo del lusso e dei beni accessori, universo entro il quale fa convergere anche l’arte.
O almeno così sembra fino al 2006, quando parte il progetto Planets of Comparison e Dejanoff, acquisiti alcuni lotti di terreno nella sua città natale, decide di realizzarvi un centro culturale pubblico. L’operazione espositiva è semplice: vengono presentati al pubblico i modelli in scala, i moduli in bronzo che costituiranno l’infrastruttura degli edifici, i suoi elementi decorativi e, come corollario, alcuni oggetti simil-pop e kitsch da vendersi per finanziare la fondazione che sovrintende il progetto. I musei che ospitano il percorso (già MAK e MUMOK a Vienna, Kunstverein ad Amburgo, FRAC Champagne-Ardenne a Reims) non solo fungono da cassa di risonanza dell’evento, ma partecipano fattivamente al fund raising.
Dejanoff cura tutto il processo realizzativo: dalla progettazione alla sponsorizzazione dell’evento, fino alla creazione dei modelli architettonici. Insomma, l’artista diventa una figura ibrida: comunicatore, manager, curatore e architetto al servizio di un’opera d’arte totale.
L’arte poi non cede di un passo di fronte al funzionalismo architettonico: ognuno degli elementi costitutivi della struttura (e qui il riferimento alla Colonna infinita di Brancusi diventa palese) viene fatto a mano e ricalca i principi decorativi tipici della tradizione bulgara. Nella Bronze House nulla si piega alla serialità dei prodotti in commercio, ogni dettaglio è oggetto di progettazione e realizzazione individuale.
Sembra una svolta radicale nella carriera di Dejanoff: da una politica economica del brand che coinvolge ogni aspetto della vita dell’artista a un’estrema attenzione alle necessità pubbliche e identitarie dell’arte. Come andrà a finire la sfida?
Elena Tonelli
Bologna // fino al 9 settembre 2012
Plamen Dejanoff – The Bronze House
a cura di Gianfranco Maraniello
MAMBO
Via Don Minzoni 14
051 6496611
[email protected]
www.mambo-bologna.org
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