È il 1948 quando Afro Basaldella (Udine, 1912 – Zurigo, 1976) si trasferisce a New York per rincorrere il successo internazionale e viene presentato alla gallerista Catherine Viviano per il suo nuovo spazio di arte contemporanea sulla 57esima strada, dove “portare in galleria qualcosa di nuovo”, come lei stessa afferma.
L’ascesa è rapida e documentata. Gabriella Belli e Margherita de Pilati scelgono, in occasione dei cent’anni dalla nascita, il periodo meno noto dell’artista per mostrare quel confronto ben riuscito con l’ambito internazionale che gli diede la notorietà. Soltanto 36 opere ma di gran qualità, e soprattutto quasi mai viste in Italia, tracciano il percorso di un periodo breve ma molto fecondo, con un allestimento quasi minimale.
È del 1950 la mostra con altri quattro pittori italiani alla Viviano Gallery: Corrado Cagli, Renato Guttuso, Ennio Morlotti, Armando Pizzinato, con grande apprezzamento da parte della critica; nello stesso anno, la prima personale newyorchese. Le prime opere mostrano composizioni fra l’astrattismo e il cubismo dai colori sobri e terrosi, che a volte prendono accenti improvvisi lasciando trasparire anche un’influenza picassiana nelle mille variazioni cromatiche e nelle costruzioni geometriche.
In seguito, l’amicizia con de Kooning e l’attenzione verso l’Espressionismo astratto e l’Action Painting fanno scaturire la volontà di liberazione di una gestualità improvvisa, che diventa pura macchia di forma e colore nei tentativi di cercare di cogliere “il senso di questo grande paese”, come scrive all’amico Renato Birolli. Anche se a differenza degli americani, il gesto rimane sempre controllato seppur libero da costrizioni di sorta, in un certo senso europeo.
Nel 1955, dopo una seconda personale di successo, Afro arriva al MoMA all’interno di una importante collettiva di 22 pittori e scultori, e infine alla terza personale nel ‘57, durante la quale le sue opere vengono acquistate da importanti collezionisti privati americani.
Degni di nota in mostra sono le opere relative a quest’anno cruciale e negli anni a seguire, come il disegno preparatorio della grande opera murale eseguita su commissione – facente parte di un progetto per la decorazione dell’edificio che coinvolse anche altri artisti internazionali – per la parete del vestibolo per la nuova sede dell’Unesco di Parigi, che risulterà una tappa centralissima e importantissima del suo percorso.
Francesca Baboni
Rovereto // fino all’8 luglio 2012
Afro – Il periodo americano
a cura di Gabriella Belli e Margherita de Pilati
MART
Corso Bettini 43
800 397760
[email protected]
www.mart.trento.it
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