Fabio Mauri, guardiano della memoria
Per recuperare la memoria storica e rendersi conto del pericolo della ripetizione del male. Un'antologica di Fabio Mauri, avvenimento raro che fa soffiare un vento nuovo sulle mostre pubbliche milanesi. Per tutta l'estate, al Palazzo Reale di Milano.
Sembra di non essere a Milano, perlomeno nella Milano degli ultimi anni. Una conferenza stampa sinteticissima, senza rappresentanti degli sponsor, con la curatrice (Francesca Alfano Miglietti) che afferma l’impossibilità dell’estetica di sussistere senza l’etica. La scena è la presentazione della personale al Palazzo Reale di Fabio Mauri (Roma, 1926-2009), avvenimento notevole di per sé e parte di un trittico di mostre sugli Anni Settanta che ha portato un vento nuovo nelle esposizioni pubbliche milanesi (la giunta Pisapia inizia a carburare?).
L’oggetto delle opere di Mauri, più che la memoria, è la rimozione. I mali del Novecento, in primis il Nazismo e l’Olocausto, sono i soggetti principali. Il passo in più è la capacità di segnalarne il pericolo incombente di ripetizione, di indicarli come semi di una disumanizzazione che è sempre alle porte: per strategia dei sistemi di potere, anche quelli democratici, e per la tendenza dell’uomo contemporaneo al baratto della dignità propria e altrui.
Mauri era più che conscio dell'”irrappresentabilità” del Male Assoluto, tacita convenzione fra artisti tesa a evitare la banalizzazione e l’estetizzazione del Nazismo e dell’Olocausto. E infatti Mauri non rappresenta, “delinea” con pochi tratti decisivi l’argomento specifico e l’allusione generale, intavola il discorso con un finto distacco che contribuisce a far risuonare davvero la coscienza di chi guarda.
Ogni sala della mostra è un efficace discorso in sé concluso. Alcune stanze sono un po’ affollate, e ne risentono soprattutto opere silenziose e discrete come gli Schermi, ma il messaggio arriva forte e chiaro lo stesso, a ondate successive che sono vere e proprie scosse.
Tutte le opere declinano il contesto di riferimenti tenendo conto delle vite dei singoli, evocandole con metonimie spesso basate su oggetti che sembrano ricercare il loro proprietario. Come nel caso di Il muro occidentale o del pianto, incastro solenne e geometrico di valigie cariche di storie irricostruibili.
Nella sala che ospita Ebrea sono invece esposte saponette, candele, poltrone, finimenti per cavalli: con uno scarto di senso che agghiaccia e ammutolisce, i titoli dichiarano che gli oggetti sono fatti con parti del corpo di esseri umani.
E poi sono in mostra, fra le tante opere, la storica installazione Che cos’è il fascismo, ricami, dipinti, foto e un’ampia selezione di disegni, oltre agli Schermi, barriere di contrizione ma anche soglie verso orizzonti ulteriori. E viene rievocata l’azione Intellettuale, del 1975, in cui Mauri proiettò il film Il Vangelo secondo Matteo sul corpo del regista, Pier Paolo Pasolini.
Una mostra da vedere, oltre che per ragioni culturali ed estetiche, per quelle attinenti alla coscienza civile.
Stefano Castelli
Milano // fino al 23 settembre 2012
Fabio Mauri – The End
a cura di Francesca Alfano Miglietti
Catalogo Skira
PALAZZO REALE
Piazza Duomo 12
02 875672
www.comune.milano.it/palazzoreale
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