Santo Marx, santo subito!

Teoria del valore, Co2, Roma. Un gallerista concettuale, sette artisti, otto realtà distinte e tutti i fantasmi di un Novecento che non ha intenzione di cedere il passo. Lo spunto ideale per una considerazione breve sull’arte di oggi tra marxismo e ipercapitalismo.

Corsi e ricorsi, tutto torna senza che nulla quadri, nulla al di fuori della logica del corso e del ricorso. E torna dunque Giambattista Vico così come torna, ormai un classico, la barba folta di Karl Marx. Oggi la catastrofe della finanza è compiuta mentre pende il cappio del differenziale; il filosofo tedesco non è mai stato così attuale. Ovvero, è stato mai inattuale?
Allo stesso modo, un saggio sul principio del valore dell’arte o dell’arte come prodotto, per noi vecchi figli orfani di quel Primo Novecento – un lutto quello, mai cicatrizzato – non può che essere attuale. Attuale come lo è, d’altronde, da un secolo a questa parte.
E quindi dopo gli artisti, è tempo dei galleristi. Onore al merito per la romana Co2 che ci prova, provando pure gusto per quel discorso sulla musealità della galleria; si veda il precedente di Epipedon che ottimi risultati aveva garantito.
Cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Appunto. Il vero artista della mostra, per ciò che oggi è considerato l’artista vero, geniere di puri dispositivi, è Giorgio Galotti, di professione: gallerista. Sua la scelta degli artisti – questi di professione – delle location e dell’impianto della mostra così concertata: sette esercizi di commercio ospitano sette opere rispettivamente  di David Casini, Stanislao Di Giugno, Ettore Favini, Francesco Fonassi, Ma Liang, Giovanni Oberti e Gianni Politi i quali, a loro volta, ricollocano in galleria un oggetto ordinario estratto dal negozio, prodotto per prodotto.

10 Giovanni Oberti Untitled 100lire 2011 golden coin diam. 28 cm courtesy lartista e CO2 Santo Marx, santo subito!

Giovanni Oberti – Untitled (100lire) – 2011 – courtesy l’artista e CO2

Se il ragionamento della mostra è onesto e coerente il processo di vendita delle opere, l’esposizione dei quattordici pezzi – sette opere e sette prelievi – diventa paradossale, o sintomatico. Gli oggetti d’uso comune – un libro, una lima, una catenina d’oro… – si presentano in galleria allestiti alla perfezione, l’abito fa il monaco. Altro destino per le “opere”, quelle teoricamente autentiche poste nei negozi, che rimangono periferiche e solitarie, mute e inosservate.
Gli ingranaggi della Teoria del valore sono ben ingrassati, ben altra cosa è il processo complessissimo di identificazione del valore di bellezza. Dove finisce dunque l’intuito del gallerista che rimescola le carte e dove inizia invece il problema vero di riconoscimento da parte del mondo, della gente, dell’arte contemporanea come tale?

Luca Labanca

www.co2gallery.com

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Luca Labanca

Luca Labanca

Luca Labanca si muove nel 2006 da Varese a Bologna per iniziare il percorso di studi del DAMS, curriculum Arte. Negli anni di residenza bolognese collabora stabilmente col bimestrale d’arte e cultura ART Journal, contemporaneamente idea e sviluppa progetti ed…

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