Carne e tempo. Sally Mann a Stoccolma
Fino al 30 settembre, Fotografiska di Stoccolma ripercorre ampi tratti della ricerca di Sally Mann. Scegliendo di seguire un percorso legato al tempo e alla carne.
Desideri di adolescenti inquiete con l’abbraccio sognato di un uomo senza volto; pensieri segreti, d’allarme, paure indicibili nelle immagini dei figli; ombre indistinte su un campo di battaglia, quasi vapori del terreno; i movimenti del marito, aggredito da malattia muscolare, il gesto trattenuto nella debolezza; corpi che vanno disfacendosi corrosi dall’umidità, ossa, filamenti di tessuto, resti di carne avvolti da abiti laceri… Il tempo agisce in ogni cosa e nella mostra di Sally Mann (Lexington, 1951), A Matter of Time, è presenza diffusa, racconto familiare, le età della vita, le figure che mutano, cadaveri che si putrefanno, evocazione storica, ma anche percorso di ricerca, con la possibilità di seguire i lavori della grande fotografa statunitense in decenni diversi, sempre dominante il bianco e nero (ma di grande interesse anche le foto a colori, in particolare dedicate ai suoi bambini, mai del tutto rassicuranti anche in situazioni d’allegrezza e gioco).
Lo stesso edificio che ospita la mostra, Fotografiska, coniuga con grande eleganza passato e presente: vasto, in mattoni rossi di fianco al mare, la vecchia dogana, costruito agli inizi del Novecento, l’interno reso funzionale agli allestimenti, una bella illuminazione, spazi articolati anche per diverse esposizioni in contemporanea (molto interessanti, per esempio, le sale dedicate a Christer Strömholm, fino al 25 novembre).
La fotografia è per sua natura dialogo tra mortalità e immortalità, con il tempo che s’arresta, chiuso nell’istante dello scatto, rendendo subito l’immagine frammento trascorso, storia finita, remota. Sally Mann pare esaltare questo confine anche negli autoritratti. La parola Flesh ritorna nel titolo di due sue pubblicazioni, Proud Flesh (2009), dove l’orgoglio acquista sfumature di senso diverse, immagini discrete e insieme impudiche, in vista le gambe, i muscoli del marito malato, e The Flesh and the Spirit (2010), che ripercorre, con lavori mai pubblicati prima e nuovi studi, molti passaggi delle maggiori tematiche/modalità di lavoro affrontate.
La mostra di Stoccolma permette di sostare su alcune di queste immagini che paiono a volte quasi “fermare” la morte, più della vita, o forse indistintamente. Così per le angosce sotterranee nel fotografare i figli, fragilità dell’esistenza, o come, assai esplicitamente, nelle fotografie scattate presso l’Università del Tennessee (la “body farm”, dove si studia la decomposizione dei corpi umani donati spontaneamente alla scienza, lasciati lì a imputridirsi, corrompersi, marcire anche per anni).
What remains? è il titolo di uno dei documentari di Steven Cantor su Sally Mann. Cosa resta dunque nel tempo? Nel filmato – presente in Fotografiska – è possibile conoscere la quotidianità dell’autrice nella sua vasta fattoria in Virginia, un’intensa vitalità di lavoro: anche quel “rimanere” svela una sua densa ambiguità tra ciò che non ci sarà più e quanto ancora può persistere. Almeno alla memoria. Fotografie nel flusso dell’esistenza: A Matter of Time.
Valeria Ottolenghi
Stoccolma // fino al 30 settembre 2012
Sally Mann – A Matter of Time
a cura di Maria Patomella, Anette Skuggedal e Ellen K Willas
FOTOGRAFISKA
Stadsgårdshamnen 22
+46 (0)8 50900500
[email protected]
en.fotografiska.eu
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