Il Mart dedica una mostra a Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) e lo fa anche con un importante evento parallelo: la collocazione definitiva della Scultura H (La Grande Clavicola, 1971), che per quasi dodici anni ha dovuto attendere prima di essere sistemata presso il Parco delle sculture ed essere restituita alla comunità e al territorio.
Ma cosa rende unica questa personale? Innanzitutto la volontà di prendere in considerazione un periodo preciso, dagli Anni Sessanta ai Settanta, e soprattutto la strategia di collocazione delle opere: da frontale, come quasi sempre è avvenuto, a spaziale. Nell’attraversamento delle sale questa scelta esalta i lavori e la poetica dell’artista roveretano. Inoltre il curatore ha scelto di procedere per affinità tra le opere, proponendo quindi una lettura non cronologica.
Emerge così tutto il vissuto teorico di Melotti e del suo tempo. Le cinque sale dedicate alla mostra, infatti, oltre alle circa settanta opere dello stesso Melotti, contengono una ventina di lavori di altri artisti, a testimonianza del clima creativo che lo circondava. E benché l’accostamento anche significativo con i “colleghi” non sia una novità, al Mart il discorso è più complesso. Alcuni artisti come de Chirico e Savinio, presenti nella prima sala, testimoniano una certa affinità metafisica di Melotti, una figuratività di recupero che però – come sottolinea la mostra – viene oltrepassata. La sala centrale racconta una scelta diversa, quella geometrica, che permette all’artista di abbandonare la figura conferendo altre prospettive ai suoi lavori.
Scultura n° 23, un gesso, testimonia proprio questo passaggio: è il compimento di un discorso per inaugurarne un altro. La caduta del confine tra pittura e scultura è decretata, così come diversa diviene l’idea di luce. L’opera del 1935 è infatti un bassorilievo e le variazioni naturali dell’ambiente vengono registrate dalla percezione visiva.
A questo punto il percorso diventa labirintico, perché sono innumerevoli le sculture realizzate negli Anni Sessanta e Settanta in cui Melotti si lascia andare, come lui stesso affermava, a percorsi apparentemente incerti. Comincia così a inserire oggetti ed elementi che nelle sculture diventano i sostegni per una visionarietà senza connotazione spaziale e temporale. L’enorme installazione I testimoni velati del 1977 è una sospensione inquieta che ribadisce lo sguardo obliquo di Melotti rispetto all’arte contemporanea.
Claudio Cucco
Rovereto // fino al 30 settembre 2012
Fausto Melotti – Angelo geometrico
a cura di Denis Viva
Catalogo Electa
MART
Corso Bettini 43
800 397760
[email protected]
www.mart.trento.it
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