Ad aprire la mostra c’è proprio lui, Edward Hopper (Nyack, 1882 – New York, 1967), in un autoritratto su fondo scurissimo. Lo sguardo distante e il sorriso abbozzato del pittore invitano a immergersi solitariamente, nel puro realismo che preannuncia la mostra.
Ci sono voluti tre lunghi anni per mettere in piedi la più grande esposizione europea mai dedicata a Hopper, e nella tempistica hanno pesato non poco le difficoltà nella gestione dei prestiti, alcuni estremamente rappresentativi della collezioni di certi musei americani. Una mostra importante per il territorio europeo, dove normalmente alberga solo una minima parte della produzione di Hopper, un’opportunità unica per il Thyssen-Bornemisza, che tra l’altro ospita la maggiore collezione europea dell’artista e dipinti chiave come Stanza d’albergo (1931).
Eccellente illustratore e grafico, Hopper non riuscì a vivere di sola pittura per oltre vent’anni attività. Disegni, acquerelli e paesaggi americani rimandano a questa prima fase, alla delineazione di uno stile proprio, che sarà premiato solo alla fine degli Anni Venti, quando la critica gli procurò la fama di pittore meglio seppe ritrarre lo spirito e il volto della società statunitense a cavallo tra le due guerre. Arrivano dagli Stati Uniti e non solo, le 73 opere in mostra, molte della quali – pur non essendo mai state prima in Europa – sono ormai immagini celebri delle nostra cultura, colpa e fortuna del mercato delle riproduzioni che se ne è nutrito a sazietà. Tra le 14 opere concesse dal Whitney Museum, Sera Azzurra (1914), un metaforico Hopper vestito da triste Pierrot che conversa al tavolo di un bar con van Gogh. Dal MoMA arriva l’inquietante e solitaria Casa vicino alla ferrovia (1925), la casa che ispirò Alfred Hitchcock nell’albergare la follia di Norman Bartes in Psycho (1960).
Manca invece all’appello I Sonnambuli (1952), di cui il Chicago Museum non si è voluto dispensare, forse una delle opere più emblematiche di Edward Hopper, ed altra citazione a van Gogh secondo la sua biografa Gail Levin, che vi aveva visto un Le Café de nuit (1888) hopperiano.
Il legame con la fotografia e il cinema viene più volte rimarcato dall’esposizione, dove si ricorre anche ad artifici tecnici per spiegare come il senso di realismo e solitudine che marca tutta l’opera di Hopper, sia profondamente legato alla familiarità con il linguaggio cinematografico. Si scopre l’abilità di Hopper a declinare sulla tela l’illusione di una fruizione privata, quell’ hic et nunc solitario a cui la fotografia e il cinema avevano abituato. Ed e così che l’ultima sala della mostra si converte in un set cinematografico dove il direttore della fotografia Edward Lachman ricostruisce tridimensionalmente la scena di Morning Sun (1952) – come già era avvenuto a Milano – rivelando l’abilità acquisita da Hopper nel coniugare la narrativa visuale cinematografica.
Lasciata Madrid, la mostra sarà accolta da Parigi, la città dove Edward Hopper soggiornò più a lungo durante i viaggi europei.
Enrichetta Cardinale Ciccotti
Madrid // fino al 16 settembre 2012
Hopper
MUSEO THYSSEN-BORNEMISZA
Paseo del Prado 8
www.museothyssen.org
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