65 studenti delle accademie di arte e architettura, 13 neodiplomati, 7 assistenti. Questi i numeri delle persone che hanno realizzato l’esposizione che il Centre Pompidou di Metz dedica, per oltre un anno, a Sol LeWitt (Hartford, 1928 – New York, 2007). Siamo precisi: la più grande retrospettiva mai organizzata in Europa, con 33 opere, concepita in collaborazione con il M Museum di Lovanio, che fino a ottobre ospita altri 20 lavori, tutti a colori.
Paiono grandi numeri ma, se si pensa che sono 1.200 i wall drawing realizzati da LeWitt dal 1968 alla morte, ci si ridimensiona. Nonostante ciò, l’esposizione di Metz è un punto di riferimento per la conoscenza dell’artista americano, che ha abolito l’idea del supporto, facendolo diventare una componente essenziale dell’opera. Se, generalmente, la struttura architettonica determina la percezione dei wall drawing, la possibilità del Centre Pompidou di modulare gli spazi ha consentito ai disegni su parete la massima valorizzazione.
L’infilata di moduli bianchi che compongono l’allestimento riflette l’evoluzione del lavoro di LeWitt, che ha esplorato combinazioni di figure geometriche sempre più complesse, passando dalla matita al pastello a cera, dall’acquerello all’acrilico.
La scelta curatoriale di esporre esclusivamente lavori in bianco e nero consente di approfondire il nucleo della produzione di Sol LeWitt. I disegni preparatori, infatti, sono tutti realizzati in bianco e nero e i colori sono indicati con una lettera nel punto corrispondente. Disegni preparatori che, in realtà, sono parte costitutiva dell’opera finale, come teorizzato dall’artista nei suoi scritti. Le istruzioni, enunciazione dell’idea, sono la premessa per la realizzazione dei disegni e, sottolinea LeWitt, primeggiano su essa. Ecco perché la didascalia comprende informazioni relative ai primi esecutori e al luogo in cui l’opera è stata realizzata per la prima volta.
Inevitabile sottolineare l’analogia con la musica: come un compositore, LeWitt ha esplorato, con un numero finito di elementi, le molteplici combinazioni che da essi possono originarsi, avvicinandosi all’idea di infinito. Ha realizzato spartiti da consegnare ai posteri istruzioni precise, ma con la consapevolezza che saranno comprese in modo diverso e interpretate soggettivamente dagli esecutori.
Sono composizioni legate all’istante, destinate a durare nel momento dell’esecuzione; effimere ma riproducibili, perché l’idea è incancellabile. Non ha importanza che una nuova mano di bianco cancelli le realizzazioni, teorizza Sol LeWitt nel 1970: “Il wall drawing è un’installazione permanente, fino a quando non viene distrutto. Una volta che una cosa è stata fatta, non la si può disfare”.
Marta Cereda
Metz // fino al 19 luglio 2013
Sol LeWitt – Dessin muraux de 1968 à 2007
a cura di Béatrice Gross
CENTRE POMPIDOU – METZ
1, parvis des Droits-de-l’Homme
+33 (0)387 153939
[email protected]
www.centrepompidou-metz.fr
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