Il titolo del lavoro “eruttivo”, realizzato tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio dei Settanta dal grande Robert Rauschenberg, è Mud Muse. È un’opera, non così facile a vedersi esposta, che introduce una profonda quanto intelligente riflessione sulla materia con annessi e connessi. Non solo ciò che è evidentemente figurativo può costituire una riflessione di matrice sociale e può dunque porre le basi per qualsivoglia forma di “rivoluzione”, di esplosione appunto.
Così per Pinot Gallizio – del quale è in mostra un importante lavoro del 1958, Le acque del Nilo non passano ad Alba -, l’artista-alchimista piemontese, che aveva affiancato l’attività di ricerca in ambito scientifico e artistico all’attività politica. Quanta intelligente provocazione è insita nella sua pittura industriale, qui presente. Il passo verso l’Internazionale Situazionista, verso Debord e la sua società dello spettacolo è breve.
Non mancano ovviamente le opere Fluxus, movimento di arte e vita, così vicino a certe manifestazioni del nostro tempo, in cui il valore esperienziale è precipuo. In mostra sono opere legate all’avanguardia giapponese di Gutai, con tutto il portato di cui esso è carico, nei confronti di molta arte europea, come per Yves Klein cultore del judo, del quale sono qui alcune Antropometrie.
La rassegna presenta anche alcuni filmati di performance di Hermann Nitsch. Le sue azioni cruente e violente nei confronti degli animali hanno costituito una fastidiosa sferzata al sistema, alla violenza sorda di una società solo apparentemente pacifica.
Per denunciare, per mettere in luce le cose non servono per forza le immagini. Anche se le immagini non mancano in questa mostra entusiasmante, che propone fra gli altri i lavori di un artista svedese scomparso negli Anni Settanta, il cui lavoro è oggetto di una recente quanto doverosa riscoperta, Öyvind Fahlström: i suoi lavori sono come allegri tabelloni da gioco in scatola, in grado di porre sotto gli occhi di tutti, in maniera apparentemente ludica, i grandi temi e problemi della geopolitica.
Irresistibile è la serie di filmati degli Anni Settanta di John Baldessari, intitolata Six Colorful Inside Jobs, in cui l’artista sembra, ma solo sembra, essere imprigionato dal suo stesso fare. L’arte è una sorta di prigione, di schiavitù per l’artista, che, tuttavia, ha la consapevolezza di trovare una via d’uscita.
Se si volesse cercare un momento conclusivo per la complessa quanto stimolante rassegna svedese, si potrebbe trovarlo in Women at Work – Under Construction, opera video del 1999 dell’artista bosniaca Maja Bajevic, il primo episodio di tre di un lavoro che l’ha resa nota internazionalmente. Si tratta della documentazione di una performance, durata cinque giorni, in cui l’artista stessa e cinque donne erano impegnate a ricamare dei pezzi di tessuto, che sarebbero stati collocati sulle impalcature, che in quel momento avvolgevano la Galleria Nazionale di Sarajevo. Cinque ricamatrici professioniste il cui lavoro viene posto sulla facciata di un edificio simbolo e viene così affrancato da una sorta di diffuso pregiudizio nei confronti di un certo tipo di manualità. Mi piace cogliere in questo lavoro la volontà di superare le categorie e le classificazioni in relazione alla specificità del mezzo e al significato stesso della ricerca. Superamento che è alla base dell’idea che ha dato vita a Explosion!.
Angela Madesani
Stoccolma // fino al 9 settembre 2012
Explosion! Painting As Action
a cura di Magnus af Petersens
MODERNA MUSEET
Gasverksgatan 22
+46 (0)8 5195 5289
www.modernamuseet.se
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