Lo stupore della realtà non vista
Tre artisti - Castella, Ghirri, Hashimoto - che vanno aldilà di ogni inquadratura limitata, per alludere a un Altrove radicale, incluso nella fotografia (o nella pittura) e fuori dallo spazio e dal tempo conosciuti. Allo Studio La Città di Verona, fino al 27 ottobre.
“Il fuori campo rinvia a quanto non si sente e non si vede, ed è tuttavia perfettamente presente”. È quanto scrive Gilles Deleuze ne L’immagine-movimento, per rilevare l’inesauribilità che regola il rapporto tra elementi visibili (ossia concretamente “astanti” nella fotografia) ed elementi invisibili (ossia assenti ma virtualmente presenti in un immaginario alone di realtà che circonda il “condensato fotografico”, come la storia circonda il quotidiano). E che la fotografia resti un mistero inafferrabile, inconcludibile, sempre dischiuso a interpretazioni successive, lo testimonia in maniera lampante La porta sotto il tavolo di Vincenzo Castella, che inquadra la soglia aperta dai padri domenicani nel 1652 nella parte inferiore del Cenacolo leonardesco. È il particolare a emergere, il dettaglio senza immagine a imporsi, confinando l’affresco alle poche tracce della cena. L’intero dipinto così diventa resto, indizio di scomparsa. Ma non di negazione, perché proprio attraverso il vuoto l’immagine visiva assume una “funzione leggibile” aldilà della sua funzione visibile. Cosa che si può affermare anche per quegli intrighi di natura (di # 01 Milano 2012): anch’essi mostrano uno spazio occluso, dentro cui si spalanca uno spazio altro, ulteriore, ipotetico.
Le foto di Luigi Ghirri invece non mirano a suggerire una eccedenza, ma piuttosto un sentimento semplice e stupefatto di appartenenza: un parco, una panchina, una statua, una cabina sulla spiaggia romagnola. Eppure anche qui qualcosa rimane “fuori campo”: forse il presente stesso, l’invadenza dei consumi, il mondo divenuto una infinita città. Ghirri ama l’immagine spoglia, ascetica, sublime: va addirittura a ritroso nel tempo attraverso lo spazio. Non cerca però di recuperare nostalgicamente il passato, ma insegue ciò che sta “là”, nella lontananza (come il parco di Blow up di Antonioni): una sorta di vuoto silenzioso, un vuoto pieno di luce e di meraviglia, simile a quella che prova il bambino che apre gli occhi al mondo per la prima volta.
E, infine, il “fuori campo” di Jacob Hashimoto, che passa dalle installazioni di aquiloni o di barchette a una pittura che si basa su questioni di complessità, instabilità strutturale, aleatorietà: nuclei di materia che si ripetono come macrocellule presiedute da leggi misteriose e sconosciute, figure costituite da svariate sfaccettature e potenzialità estetiche: un gioco di cesure e di silenzi, dove ogni elemento non ambisce a spiegare e a descrivere, ma unicamente ad alludere, a far cenno al non detto (appunto, al fuori campo).
Luigi Meneghelli
Verona // fino al 27 ottobre 2012
Castella | Ghirri | Hashimoto – Off-Screen
a cura di Francesco Zanot
STUDIO LA CITTÀ
Lungadige Antonio Galtarossa 21
045 597549
www.studiolacitta.it
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