Detroit. Storia di una galleria “social”
La 555 Gallery ha viaggiato per Detroit per anni prima di trovare la sua sede definitiva. Dalla quale, comunque, esce spesso. Le sue iniziative sono in gran parte sociali e il suo impegno è anche politico. Tutto il lavoro è svolto da volontari, in uno spazio dalle origini molto particolari.
Da circa sei mesi la 555 Gallery si è trasferita in Vernon Highway. Il gruppo che la gestisce, però, esiste da tempo: a metà settembre ha infatti festeggiato il suo decimo anniversario. Per ora lo spazio espositivo apre solo tre giorni alla settimana o su appuntamento. Scelta obbligata, poiché chi ci lavora lo fa come volontario. I ricavi della galleria provengono dalla vendita delle opere, dalle iniziative, dai finanziamenti privati e dall’affitto degli studi, davvero originali. La 555 Gallery nasce in un’ex stazione di polizia e gli studi sono gli uffici dei detective o ex – che di ex hanno ben poco – celle per i detenuti.
Situata tra Corktown e Mexicantown, come una cintura che offre cibo e arte, vorrebbe essere il loro punto di congiunzione, anche se il quartiere che la ospita è ancora poco frequentato, poco abitato e poco attivo. Nella zona c’è solo un farmer market e alcuni edifici in costruzione. I curatori, agevolati anche da vantaggiosi accordi con i proprietari dello stabile, hanno deciso di stabilirsi qui, dopo tanti spostamenti a Detroit e in periferia, per contribuire al recupero del luogo.
Intrico di corridoi su cui si affacciano piccole sale, la galleria usa i suoi spazi in parte per le esposizioni, in parte per le numerose attività rivolte al pubblico: concerti, feste, lecture e corsi, tanti corsi, di pittura, fotografia, disegno. È questa la social mission, che sta molto a cuore a Carl W. Goines, executive director della galleria.
La 555 Gallery è anche itinerante, le sue iniziative spesso invadono altri quartieri. Attualmente, ad esempio, il collettivo è impegnato nella realizzazione di due sculture in poliestere: bambini giganti seduti su un albero della Conely Library di Detroit. Tutte le idee e le iniziative nascono dal desiderio dello staff di provare, indipendentemente dalla ripresa economica, a dare una spinta alla città. Qui si capisce che l’arte è il mezzo attraverso il quale da sempre Detroit cerca di ritrovare se stessa, anche definendo il suo territorio, senza chiedere niente all’industria, che qui di alti e bassi ne ha visti davvero tanti.
Due sono le mostre in programma e si svolgono fra novembre e dicembre. La prima, sfruttando l’onda della recente festa di Halloween, celebra il Dia de los Muertos, fino al 10 novembre. Riprendendo la tradizione messicana, che il 1° novembre rievoca lo spirito dei cari defunti, la galleria si trasforma in uno spazio colorato fatto di teschi, altari votivi e vecchi bersagli ritrovati nei garage dell’edificio e reinterpretati per l’occasione dagli artisti.
A metà mese invece prende il via Jailed Humanity, in Support of an American’s quest for freedom from an Iranian Prison, cioè arti visive e performance per Amir Hekmati, soldato americano imprigionato e accusato di spionaggio dalle autorità iraniane. La mostra ospiterà sculture, fotografie, disegni a tema politico, musiche e dipinti realizzati da artisti locali e studenti. Il percorso di Jailed Humanity si snoderà fino agli studi degli artisti, le celle di cui sopra, per trasmettere in modo più reale la condizione di prigionia di Amir. Le opere saranno tutte in vendita e i ricavi andranno alla fondazione Hamir Hekmati Freedom Fund.
Giulia Cirlini
555 CREATIVE COMMUNITY
2801 W. Vernor Highway
[email protected]
www.555arts.org
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