Una mostra intelligente, colta, spiritosa. In alcune sale dei bellissimi spazi espositivi del Moderna Museet – opera dell’inventivo, rigoroso architetto Rafael Moneo -, in ambienti limpidi, luminosi e funzionali è possibile giocare al confronto tra due figure straordinarie della storia dell’arte, Pablo Picasso (Malaga, 1881- Mougins, 1973) e Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 1887 – Neully-sur-Seine, 1968), che, come ricorda Octavio Paz (una citazione ripresa più volte nel presentare questa mostra), hanno forse più d’ogni altro, in un secolo di straordinari rinnovamenti creativi e trasformazioni radicali, influenzato il Novecento: “Il primo con la sua intera opera, il secondo con un singolo lavoro, che è la negazione del senso moderno del lavoro”.
Immediata è la sensazione del paragone impossibile, eppure ben si comprende la motivazione, il senso profondo, ilare e complesso, tra il serio e il divertito, di tale accostamento, che pare lasciare come sospesa una domanda vera, curiosa, stimolante, non certo su chi mai avesse ragione o torto (sembra di Picasso la dichiarazione nel titolo, “He was wrong”, e proprio riferita a Duchamp), ma sui motivi, per entrambi, di un ascendente così radicale, diffuso, prolungato nel
tempo. In questo sì davvero affini. O forse c’è qualcosa di più?
Il catalogo rispecchia lo spirito della mostra, agile, con doppia copertina, come fossero due volumetti incollati, con brevi saggi dei curatori e alcune opere esposte, tutte notissime quelle di Duchamp, non così prolifico come Picasso, il cui segno è comunque subito riconoscibile. “Datemi un museo e ve lo riempirò”: così si legge in un settore della doppia mostra, laddove i due protagonisti si fronteggiano in due significative gigantografie, Picasso con la maschera da minotauro, a torso nudo, lo sfondo del mare, nel 1949; Duchamp con il volto coperto di schiuma che avvolge anche i capelli, quasi scolpendoli. A lui, eccellente giocatore di scacchi, interessavano in particolare le idee – così aveva dichiarato – e non tanto i prodotti visivi: “Volevo riportare la pittura al servizio della mente”.
Pure, malgrado le profonde differenze, teoriche e pratiche, di questi due autori “imprescindibili” della cultura, si avverte il comune respiro del tempo, per il desiderio di cambiamento radicale e di avventurarsi nella ricerca, tra polemiche e insoddisfazioni, riconoscendo ancora il valore dell’intellettuale e del gesto artistico. Anche esponendo una ruota di bicicletta o la Fontana: è lo sguardo a consegnare concettualmente il valore a un oggetto, il ready-made.
Aveva torto? Inevitabilmente sono più numerosi i lavori esposti di Picasso, e alcuni disegni sono di particolare fascino. Quasi una dimostrazione del bisogno di realtà – e della contemporanea necessità della sua radicale scomposizione/metamorfosi – esprime Peintre et modèle tricotant (1927), con il “pittore” che sta ritraendo una modella che fa la maglia, sul quadro dentro il quadro tanti fili e linee che si intrecciano.
Valeria Ottolenghi
Stoccolma // fino al 3 marzo 2013
Picasso/Duchamp. He was wrong
a cura di Daniel Birnbaum, Ronald Jones e Annika Gunnarsson
MODERNA MUSEET
Isola Skeppsholmen
+46 (0)8 51955200
www.modernamuseet.se
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