Man Ray, l’artista e lo scrittore
La verve dadaista di Man Ray torna a occupare gli spazi della Fondazione Marconi, questa volta nella duplice versione di artista e scrittore. Il romanzo inedito “1944” si presenta come il tentativo da parte dell’artista di far convivere le due attività. A Milano, fino al 24 novembre.
Al centro della sala una teca di vetro espone il manoscritto originale di Man Ray (Philadelphia, 1890 – Parigi, 1976), dal titolo 1944, pubblicato per la prima volta in riproduzione anastatica da Carlo Cambi Editore e presentato alla Fondazione Marconi. Tutto intorno, alle pareti, una serie di lavori dell’artista realizzati negli anni a cavallo del 1944, a intensificare e – forse è meglio dire – integrare la particolarità di questo progetto che, come afferma Janus (emerito studioso e amico dell’artista), celebra la “fantasia di un pittore che cerca conferma anche per la sua vocazione letteraria”.
Letteratura e pittura per Man Ray rappresentano due mondi diversi ma accomunati da un’urgenza espressiva che li rende quasi sovrapponibili, tanto che la parola diventa, quanto il disegno, elemento connettivo tra forma e idea, mezzo utile a svolgere il nobile compito di trasporre il pensiero in concreta manifestazione. “Tradurre le mie idee in parole era come preparare tele e colori per un nuovo lavoro”: Man Ray ha ben presente questa esigenza, tanto che, nel manoscritto, la sua calligrafia precisa, armoniosa e assolutamente decifrabile sembra diventare il mezzo prediletto per stabilire una relazione di significato con il pubblico, proprio come un’opera d’arte instaura un diretto flusso emotivo con l’osservatore.
I lavori in mostra accompagnano visivamente il periodo di stesura del romanzo, ricco di riferimenti alla realtà (anche autobiografica) e di scenari fantastici. Nel 1944 si è agli sgoccioli della Seconda guerra mondiale, un anno cruciale per gli equilibri internazionali, vissuto con apprensione anche dai comuni cittadini di ogni parte del globo. L’atmosfera surrealista di 1944 – il cui protagonista, Robor (sorta di alter ego di Man Ray), vive alla ricerca di un mondo immaginario – viene suggerita anche nella scelta delle opere esposte: fotografie (un buon nucleo appartenente alla serie The Fifty Faces of Juliet”) disegni, uno dei suoi “oggetti di affezione” e l’autoritratto Before & After.
Un’opera in particolare, Chessboard, sembra ricollegarsi in modo preciso all’ultima scena con cui si interrompe, senza quindi concludersi, il romanzo: si tratta della fotografia di una scacchiera, intrisa di mistero nelle sue profonde ombre scure, un’immagine evocativa che sembra presagire la tensione di una sfida decisiva, forse – metaforicamente parlando – quella giocata nel tumultuoso 1944, quel lasso di tempo che avrebbe dettato una svolta epocale nel resto della storia contemporanea.
Serena Vanzaghi
Milano // fino al 24 novembre 2012
Man Ray – 1944
FONDAZIONE MARCONI
Via Tadino 15
02 29791451
[email protected]
www.fondazionemarconi.org
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