A coloro che intendano visitare la mostra bassanese consigliamo di astenersi, in prima istanza, dal soffermarsi a guardare le singole opere e di indugiare piuttosto sulla vita dei loro autori. Benché l’esercizio possa sembrare paradossale, esso consente di inoltrarsi in quella rete fittissima di amicizie, parentele e sodalizi che ha reso la vita di questi artisti così feconda di reciproche, inaspettate, influenze, e di cogliere le motivazioni che sono alla base della loro produzione artistica.
Lungo tutto l’arco del Novecento, in un susseguirsi di movimenti e gruppi che nascono, si disfano e poi rinascono, con nuove denominazioni ma con i protagonisti di sempre, furono tanti e di breve durata i manifesti e i proclami teorici, poche ma ben note le gallerie d’arte in cui esporre, ritrovarsi, ricevere stimoli e committenze. Lucio Fontana ad esempio, fondatore del Primo Manifesto dello Spazialismo, fu allievo di Adolfo Wildt, nonché frequentatore – insieme a Bonalumi, Campigli, Capogrossi, Crippa, Dova – delle gallerie il Naviglio e il Cavallino, gestite da Carlo Cardazzo. Del Fronte Nuovo dell’Arte, mentore Giuseppe Marchiori, fecero parte Birolli, Guttuso, Leoncillo, Santomaso, Turcato, Vedova. Ma Guttuso, insieme a Morlotti e Fontana aveva precedentemente fatto parte del gruppo di Corrente, mentre Morlotti e Birolli si ritroveranno insieme nel Gruppo degli Otto, sotto l’egida di Lionello Venturi.
Dal punto di vista geografico essi si muovono soprattutto fra Roma, Milano, Venezia. Parigi è per tutti una tappa obbligata, per alcuni di loro, come Campigli, Cesetti, de Chirico, una seconda residenza. Suggestioni e riconoscimenti arrivano pure dall’America, dove artisti quali Afro e Mirko Basaldella, Burri, Depero, Dorazio, vi soggiornano a lungo, vi espongono e insegnano.
Tracciare una “mappa incrociata” delle amicizie e delle frequentazioni di questi artisti, a partire dagli studi in Accademia, fino a giungere alle mostre nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo, è un’impresa affascinante, che se affidata a programmi informatici rivelerebbe somiglianze e caratteristiche comuni. A noi non rimane che ammirarne le singole valenze. Decisamente interessanti i ritratti che Campigli e Casorati hanno dedicato, rispettivamente, ai collezionisti e mecenati Carlo Cardazzo e Riccardo Gualino – entrambi colti in una sempiterna posa ieratica – sia per la qualità della resa pittorica che per l’“affinità elettiva” che legava gli artisti ai soggetti rappresentati e che indissolubilmente pare essere rimasta impressa sulla tela. Ci colpiscono la raffinata ed elegante la maschera in ottone sbalzato di Mirko Basaldella, il “gesto” originale di Vedova catturato nel plexiglass e la cupa figurazione di un Sironi che fa da controcanto all’allegro astrattismo del giovane Tancredi.
Se è vero, come è vero, quanto afferma Gabriella Belli – che della mostra bassanese è curatrice scientifica insieme ad Annalisa Scarpa e Giuliana Ericani – citando Massimo Bontempelli: “Classica è ogni opera d’arte che riesca ad uscire dal proprio e da ogni tempo”, allora, rimane il dubbio, che forse un confronto sinergico fra le opere in mostra e quelle presenti nel Museo Civico di Bassano, che le ospita, avrebbe dato maggiore vigore a un allestimento asettico che congela invece di esaltare la dirompente vitalità dell’arte qui rappresentata.
Adriana Scalise
Bassano del Grappa // fino al 1° gennaio 2013
Novecento Italiano. Passione e collezionismo
MUSEO CIVICO
Piazza Giuseppe Garibaldi
0424 522235
[email protected]
www.museobassano.it
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