Si pensa all’estetica come a una zona franca, segregata e libera. È invece uno dei territori più sfruttati da vecchi e nuovi sistemi di potere per mantenersi ed espandersi. Oggi più che mai, l’estetizzazione endemica di ogni oggetto e luogo è strumento di persuasione consumistico e commerciale (Design and crime di Hal Foster è a questo proposito un grido di denuncia ancora inascoltato).
Come un atto di ribellione sommesso ma deciso, le opere di Bojan Sarcevic (Belgrado, 1974; vive a Berlino e Parigi) raccolte nella personale all’Institut d’art contemporain di Villeurbanne propongono un’alternativa a questo stato di cose. E il risultato è davvero notevole, per eleganza, efficacia e capacità di sintesi. Si tratta di lavori che funzionano come riflessioni sulla forma pura, inutilizzabile a scopi funzionali, che corteggiano l’astrazione come un balsamo salvifico rispetto all’indigestione di immagini che tutti sperimentiamo. Forme aleatorie, esili e assieme potenti perché granitiche nella loro perfetta chiusura formale.
Già il titolo, L’ellipse d’ellipse, è sintomatico. Ellissi d’ellissi, esponenziale fuga da ciò che è diretto e deterministico. E sintomatica è anche la prima sala, con i due grandi blocchi di onice He e She, figure la cui mascolinità e femminilità è impossibile da riconoscere univocamente se non dal titolo. Seguono sculture da parete esili e delicatissime, interventi mimetici sulla struttura delle sale, foto che sabotano l’estetica da rivista di moda (le modelle si aggirano semiattonite attorno a un’enigmatica scultura, la stessa esposta nella sala davanti agli scatti).
E due punti forti, i video, che trasformano oggetti minimi e quotidiani in metafisiche forme potenziali, e l’anguria svuotata che contiene un pezzo di carne, gioco di carnalità macabra ma anche eterea.
Alcune opere, poi, si riferiscono all’uso a scopo propagandistico dell’architettura da parte dei regimi totalitari del Novecento. Ma i modelli di edifici realizzati da Sarcevic sono un altro sabotaggio simbolico: le forme si attorcigliano su se stesse in un movimento masturbatorio del tutto antifunzionale.
Una nota di merito va allo Iac, museo coraggiosamente sperimentale situato a Villeurbanne, comune autonomo della periferia di Lione. Dopo Sarcevic, dal 14 dicembre al 3 febbraio presenterà la 12esima edizione del ciclo biennale di mostre Collection, che espone nuove acquisizioni e pezzi forti della raccolta del museo (saranno in mostra, tra gli altri, lavori di Candice Breitz, Douglas Gordon, Pipilotti Rist e Tracey Emin).
Stefano Castelli
Villeurbanne // fino al 18 novembre 2012
Bojan Sarcevic – L’ellipse d’ellipse
IAC – INSTITUT D’ART CONTEMPORAIN
11 rue Docteur Dolard
+33 (0)4 78034700
i-ac.eu
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati