Se anche Istanbul fa mostra “alla Goldin”
Lontano dalla chiassosa piazza Taksim, oltre il secondo ponte sul Bosforo, in direzione mar Nero, sorge il Sakıp Sabancı Museum in uno scenario verdeggiante con tanto di laghetto e ninfee. Quale cornice migliore per la mostra “Monet’s Garden”? A Istanbul, fino al 6 gennaio.
Il Sakıp Sabancı Museum è il tipico museo per famiglie in gita la domenica. Immersa nella quiete di un parco, a poche decine di metri dallo Stretto, questa residenza sontuosa d’ispirazione neoclassica, che ha ospitato nel tempo sultani, re e principi, fu destinata all’arte e al pubblico godimento da uno dei tanti magnati filantropi turchi nel 2004. Da allora, il museo si è prodigato nel proporre periodicamente mostre temporanee, pensate per un pubblico non necessariamente cresciuto a pane e libri di storia dell’arte, dedicate ai grandi nomi dell’arte moderna europea, nello sforzo – ricorrente nella storia della Repubblica turca – di affermare l’identità occidentale del Paese. Il primo fu Picasso, tra il 2005 e il 2006, una mostra-evento, anticipata da una colossale campagna pubblicitaria, per la quale si ricordano ancora le file di auto lungo il Bosforo.
Di grande attrattiva pop, alla Goldin, per usare un paradigma italiano, è sicuramente l’ultima proposta del museo: Monet’s Garden, monografica dedicata a quella che fu una delle ultime ossessioni dell’artista francese, il giardino e le ninfee di Giverny. Annunciata da billboard disseminati per la metropoli come l’evento che ha portato a Istanbul il creatore dell’Impressionismo, la mostra si compone di circa quaranta tele dipinte tra il 1871 e il 1924, provenienti dal Musée Marmottan di Parigi, al quale furono destinate le opere di proprietà di Monet alla morte del suo unico erede, nel 1966.
L’esposizione si apre con una linea del tempo, che incrocia la storia dell’arte della seconda metà dell’Ottocento, in particolare l’evolversi della corrente impressionista, con la vita di Claude Monet (Parigi, 1840 – Giverny, 1926). A completare questa prima sezione evidentemente didascalica, ritratti di famiglia, tra i quali un Monet immortalato dall’amico Renoir, e alcuni oggetti personali e strumenti del mestiere appartenuti al pittore. Il reliquario è un ingrediente che non manca mai, in questo genere di allestimenti. Di seguito, si dispiega l’esposizione vera e propria: dai paesaggi fioriti dipinti all’Argenteuil, appena fuori Parigi, tra i quali Promenade près d’Argenteuil (1875), alle nature invernali dei viaggi in Normandia, dai primi studi delle ninfee e del giardino acquatico che il pittore francese aveva fatto allestire nella sua tenuta a Giverny nel 1983, sino alle opere di grande formato che Monet iniziò a dipingere nel 1915, con in mente la Grandes Décorations per l’Orangerie delle Tuileires.
Vale la visita un manipolo di tele che un Monet ottantenne, affetto da cataratta e xantopsia, dipinse tra il 1918 e il 1924: quella lucida capacità di riportare sulla tela la realtà immacolata, così come questa si imprimeva sulla sua retina, da cui nascevano le sue “impressioni”, sembra scomparsa. Al suo posto, resiste una passione febbrile per la pittura e il colore, che si fa agitato, convulso sino a dissolvere il soggetto nell’astrazione. Così gli archi di rose o il celebre ponticello giapponese si perdono in un vortice di pennellate. La tavolozza si scurisce: ocra, bruni e rossicci prendono il sopravvento per via dell’alterazione percettiva causata dalla malattia oculare che afflisse il pittore nei suoi ultimi anni di vita.
Nonostante non si possa parlare di una mostra illuminante, non le si può negare il merito di aver saputo rendere il movimento, le variazioni di intensità, il crescendo dell’ultima produzione di Monet, di quegli ultimi lavori dipinti senza sosta, nonostante la vecchiaia e la malattia, in una tormentata rincorsa verso l’inafferrabile.
Marta Pettinau
Istanbul // fino al 6 gennaio 2012
Monet’s Garden
a cura di Nazan Ölçer e Marianne Mathieu
SAKIP SABANCI MUSEUM
Sakıp Sabancı Cad. No:42
+90 (0)212 277 22 00
muze.sabanciuniv.edu
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