Silvia Giambrone: il pizzo sulla pelle

Attraverso una pluralità di linguaggi e facendo ricorso a diverse tecniche, ma seguendo un unico filo conduttore, Silvia Giambrone, giovane ed energica artista siciliana, ha costruito la sua personale nella galleria barese Doppelgaenger. Fino al 9 dicembre.

Il ricamo, pratica artigianale antichissima e prevalentemente femminile, è il comune denominatore dei lavori di Silvia Giambrone (Agrigento, 1981) raccolti sotto il titolo L’impero libero degli schiavi. Se oggi a questa pratica le donne si dedicano meno frequentemente per lavoro e più spesso per hobby – viene usato come diversivo rilassante dalle star di Hollywood durante le pause delle riprese – in passato, invece, il saper ricamare costituiva una delle doti richieste alle ragazze di buona famiglia. Come il saper cucinare, tenere in ordine la casa ed essere in grado di accudire la prole.
Pizzi, trine, merletti e ricami erano strumenti di seduzione palese e al tempo stesso di coercizione latente, indizi di una condizione femminile stretta tra apparente libertà e reale asservimento a stereotipi sociali. Così, sulle foto del matrimonio dei genitori, l’artista ha applicato, ma solo sui volti femminili, dei ritagli di pizzo blu (è chiara l’allusione al pizzo come forma di tangente estorta dalle organizzazioni criminali), facendo riferimento al matrimonio come condizione da sempre considerata traguardo irrinunciabile per la realizzazione esistenziale della donna.
E se le piccole lastre scure di  metallo, su cui l’acido ha trasferito le trame di pizzi e di trine, si apparentano alle pagine di un diario (i loro titoli sono in realtà i giorni della settimana), si può  guardare, d’altra parte, alle impronte fissate su supporti di gesso come a un campionario di modelli decorativi, metafora non troppo velata dei molteplici  modi in cui la creatività femminile è stata limitata o addirittura completamente oscurata.

Eroina 2012 arazzo dimensioni variabili Silvia Giambrone: il pizzo sulla pelle

Silvia Giambrone – Eroina – 2012

Assecondando la sua predilezione per i giochi di parole, l’artista ha poi realizzato con uncinetto e filo di cotone un ghirigoro che riproduce la forma della molecola dell’eroina, evidentemente alludendo al ricamo come attività “stupefacente” e – a nostro avviso – anche alla condizione per molti aspetti eroica delle ricamatrici  di altri tempi e più in generale delle donne. Elemento questo, enfatizzato dalla toccante performance intitolata Teatro anatomico e realizzata in estate al Macro Testaccio di Roma (il video apre il percorso della mostra) in cui l’artista si è fatta letteralmente cucire addosso un colletto di pizzo. Un drammatico accento sulla dialettica tra bellezza e sofferenza, tra seduzione e coercizione, che da sempre contraddistingue la condizione femminile.

Lia De Venere

Bari // fino al 9 dicembre 2012
Silvia Giambrone – L’impero libero degli schiavi
DOPPELGAENGER
Via Verrone 8
392 8203006
[email protected]
www.doppelgaenger.it   

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Lia De Venere

Lia De Venere

Lia De Venere è critico d’arte, curatore e docente ordinaria di Storia dell’arte contemporanea presso l'Accademia di Belle Arti di Bari e a contratto presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bari. Ha lavorato e svolto attività di…

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