A differenza della sua omonima spaziale, Peter Halley (New York, 1953) non è una cometa nel cielo dell’arte mondiale. Il suo nascere in coda all’esperienza dell’Espressionismo astratto americano che, in fin dei conti, poco aveva di astratto, ha fatto sì che nelle sue opere realizzasse forme geometriche in continuo rimando con la realtà: dai blocks alle gallerie della metropolitana della sua città, dalle finestre alle grate delle carceri.
D’altro canto, Carla Accardi (Trapani, 1924) ha anch’essa interpretato il segno in maniera viva, continuamente mobile, fino a giungere alle larghe campiture odierne. Una forma che si materializza in uno spazio proprio, che può essere quello della tela o dei volumi che contribuisce a comporre.
L’aver entrambi ben digerito la lezione del Costruttivismo, interpretato in maniera più lirica dalla Accardi, rende il terreno fertile al dialogo fra questi due artisti che, sebbene diversi per generazione, nazionalità e sesso, trovano un piano comune d’espressione in un astrattismo ricco di “figure”.
Giovanna Procaccini
Brescia // fino al 12 gennaio 2013
Carla Accardi / Peter Halley
MASSIMO MININI
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