Variazioni (monocrome) su tema. Castellani e Uecker, giganti allo specchio
Una doppia personale, due retrospettive sintetiche ed efficaci. Un dialogo tra Enrico Castellani e Günther Uecker. Monocromi purissimi, tra porzioni di bianco e argento. E oggetti che affrontano il tempo e lo spazio, cambiando con la luce. Gli spazi storici di Ca’ Pesaro, a Venezia, si confrontano fino al 13 gennaio con una pagina di storia dell’arte contemporanea.
Se c’è un artista italiano a cui viene naturale cucire addosso il principio deleuziano della “ripetizione differente”, quello è Enrico Castellani (Castelmassa, 1930). Una corrispondenza perfetta: l’immagine concreta di un pensiero radicale. Nell’assenza di un incipit o un fondamento primo, a ripetersi è la differenza stessa, non più errore, né mancanza, né difetto, ma possibilità: un eterno ritorno del diseguale.
Castellani ha continuato a indagare negli anni l’abisso di un pensiero senza immagine, la violenza di una scrittura che non si appella ad alcun principio di rappresentazione. Le sue tele estroflesse, così linde, così armoniche, tutte (quasi) uguali, vivono nella scintilla di quel quasi, nello spazio di quella parentesi che è, in realtà, apertura. E vivono nell’ostinazione di centinaia di chiodi, piantati sul retro a sostenere il vuoto dell’icona, a ritmare superfici uniformi, facendone oggetti mobili, plastici. Nei monocromi, però, non c’è la dichiarazione di una fine: essi sono il luogo neutro in cui qualcosa può iniziare, scorrere e daccapo ritornare. Infinite variazioni su tema: la differenza come condizione d’eternità.
La mostra di Ca’ Pesaro racconta tutto questo. E lo fa con una bella selezione di estroflessioni e sculture, fino ai recenti doppi angolari, dinamici e specchianti. Ma lo fa, soprattutto, nell’intuizione di un dialogo. Castellani, che nel ‘59 fondava la rivista Azimuth con Piero Manzoni , ritrova qui Günther Uecker (Wendorf, 1930), ideatore nel ’61 del Gruppo Zero con Heinz Mack e Otto Piene. In comune c’era allora la voglia di andare oltre la lezione dell’Informale, di azzerare la visione, di raggiungere l’ossatura delle cose, scovando un senso nell’armonia della matematica, nel prodigio della fisica, nel rigore del concetto.
E in comune c’è, da sempre, questa ossessiva presenza dei chiodi. Ma se il primo li utilizza come congegno nascosto, di cui l’occhio coglie i micro rilievi epidermici, l’altro li lascia in vista, saturando sculture mobili e strutture oscillanti: perforazioni formali, per una ri-generazione semantica del quotidiano. Tra vuoti e pieni, ondulazioni e spostamenti, l’opera si fa oggetto concreto, esposto al mutamento. E poi la pittura. Che in Uecker è esplosione di macchie bianche e nere, trame cieche senza pausa né respiro, spazi segnici oppure oggettuali.
A scandire il ritmo di questa efficace doppia personale è forse, metaforicamente, Il muro del tempo di Castellani, opera del ‘68: sette metronomi in fila, impostati a velocità diseguali e azionati contemporaneamente. Il tempo si annulla, nell’impossibilità di un principio e di una rappresentazione cronologica. Nel tocco infinitamente ripetuto, risuona il miracolo di un’infinita differenza.
Helga Marsala
Venezia // fino al 13 gennaio 2013
Enrico Castellani / Günther Uecker
a cura di Lóránd Hegyi e Davide Di Maggio
CA’ PESARO
Santa Croce 2076
041 721127
[email protected]
capesaro.visitmuve.it
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