Arte Programmata. Il ritorno
Milano, Museo del Novecento. All’interno del sacrario raccolto dello Spazio Mostre, Marco Meneguzzo, Enrico Morteo e Alberto Saibene rievocano un’esposizione che ebbe luogo nel 1962, nei negozi Olivetti di Milano e Venezia. Mostra che allora era curata da Bruno Munari. E ora torna, fino al 3 marzo.
Il 30 agosto 2012, in piazza San Marco a Venezia, il rilucente e greve negozio di Olivetti, disegnato da Carlo Scarpa e oggi gestito dal FAI, inaugurava Programmare l’arte. Olivetti e le neoavanguardie cinetiche, proprio mentre il Padiglione Italia della XIII Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia apriva con l’esperienza comunitaria di Adriano Olivetti. A mezzo secolo di distanza, il percorso sull’Arte Programmata ideato per i Negozi Olivetti di Milano e Venezia nel 1962, a cura di Bruno Munari e corredato da un testo di Umberto Eco, diventava uno dei diciotto eventi collaterali della Biennale. La rievocazione allestitiva avveniva sotto la meticolosa cura di Marco Meneguzzo, Enrico Morteo e Alberto Saibene, in collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti e il Museo del Novecento di Milano.
A distanza di una decina di giorni dalla chiusura dell’esposizione lagunare, il 28 ottobre scorso, è ora il Museo del Novecento, nel rifugio dello Spazio Mostre, a riproporre nuovamente l’appuntamento e a richiamare a sé l’Arte Programmata (termine coniato oltre cinquant’anni fa da Bruno Munari e dal critico Carlo Belloli). L’evento, al quinto piano del museo, torna a raccontare un ambito espressivo, gli Anni Cinquanta, in cui artisti come lo stesso Munari, ma anche Alviani, Bury, Landi, Mari e i due Gruppi N (Biasi, Chiggio, Costa) e T (Anceschi, Boriani, Colombo, De Vecchi, Varisco) hanno sperimentato innesti ed effetti ottici creati da dispositivi visuali; strutture formali atte a tradurre la materia in moto, attraverso una forma di narrazione geometrico-matematica.
In mostra nel capoluogo meneghino, Programmare l’arte, torna ad accondiscendere l’etimo greco dell’aggettivo programmato (composto da pro, avanti e da gramma, scrittura, dunque ante-scritto, preventivo, preordinato) e ripropone una variabilità di congegni visivi (funzionanti) che alterano gli scenari scopici a favore di una linearità scientifica calcolata. Rispetto alle opere, oggetti cinetici e ambienti, che il Museo espone già permanentemente al quinto piano, il percorso, grazie all’apporto di ampie e numerose teche illuminate, presenta una selezione di documenti, pubblicazioni, materiali d’archivio, fotografie, testi, manifesti dell’epoca e due filmati per ricercati e intenditori. Nonostante la luminosità degli spazi, – componente di fondamentale importanza, tanto per le superfici metalliche di Alviani, quanto per il Bispazio instabile di Chiggio -, dispersiva e indifferenziata, il percorso ha il pregio di preconizzare con selettiva lungimiranza un movimento che torna oggi alla ribalta grazie anche alla sua intrinseca, precorritrice multidisciplinarietà. Attitudine contemporanea che nell’Arte Programmata è diventata grafica, architettura e design, spingendosi fino al confronto con le nuove tecnologie.
Ginevra Bria
Milano // fino al 3 marzo 2013
Programmare l’arte. Olivetti e le neoavanguardie cinetiche
MUSEO DEL NOVECENTO
Via Marconi 1
02 43353522
[email protected]
www.museodelnovecento.org
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