Cavalli e cavalieri che fecero l’impresa
Il mito del cavaliere e del suo destriero per Marino Marini: è la mostra d’esordio per il neodirettore del Man. Così Lorenzo Giusti affronta una tematica radicata nella cultura sarda. Grafica e scultura ne scandiscono l’evoluzione, emblema del percorso artistico di uno dei più grandi scultori del Novecento.
“Perché sempre cavalli e cavalieri? È il mio modo di cambiare la storia. È il personaggio di cui ho bisogno per dare forma alla passione dell’uomo, una cavalcata. Di più non riesco a spiegare, è un’intuizione più alta”. Dal Cavaliere di Rampin al Marco Aurelio, dal Gattamelata al Bartolomeo Colleoni, dal Napoleone su cavallo rampante di David ai cavalli dinamico-futuristi, la storia dell’arte è scandita da una serie inesauribile di cavalli e cavalieri. Iconografia di grande rilevanza tanto in epoca antica quanto in epoca moderna, sia per la funzione commemorativa che per quella propagandistica. Non per Marino Marini (Pistoia, 1901 – Viareggio, 1980) che, folgorato dalla statua equestre di Enrico II nella cattedrale di Bamberga, concepisce il cavaliere come una figura tragica, archetipo della realtà, con uno schema aperto a ogni sviluppo.
L’evoluzione di questo soggetto iconografico da parte di uno dei più grandi scultori del Novecento è ben rappresentata dalla nuova mostra del Museo Man, dove a un centinaio tra disegni e grafiche, realizzati dal 1937 al 1979 con una ricerca ossessiva che confluisce in innumerevoli variazioni sullo stesso tema, si affiancano 15 sculture in bronzo. In un allestimento di ampio respiro che, tra le altre opere, include Piccolo cavaliere, Studio per Miracolo e Due elementi a chiudere il percorso.
Anticlassica e primordiale, l’interpretazione di Marini del cavaliere – emblema della sua ricerca, poiché ne segna tutto il percorso artistico caratterizzandone le varie fasi – attinge alla statuaria etrusca per una trasposizione iconografica del soggetto in chiave espressionista. Infatti, se prima del conflitto bellico purezza formale e classicismo restituiscono una lettura naturalistica, successivamente le opere si configurano con volumi dalle linee spezzate e con una tensione tra cavallo e cavaliere sempre più in crescendo. Deformazione, scarnificazione e sintesi sono ora le peculiarità che evocano la drammaticità e la precarietà di un’esistenza dilaniata dal dolore.
Scardinando ogni tradizionale impianto compositivo, l’artista restituisce una visione del cavaliere che progressivamente diventa tutt’uno col cavallo, perdendo il suo potere quando non innesca una condizione di conflittualità. È così che il cavaliere si irrigidisce diventando incapace di dominare il suo destriero fino a spalancare le braccia nel gesto disperato di resa, a fine Anni Quaranta, e assumere negli Anni Cinquanta una pathos senza precedenti. Simboleggiando l’inevitabile caduta dell’umanità davanti al suo infausto destino: il cavallo a un certo momento cade e il cavaliere si perde. Siamo nel momento della tragedia ancora umana. Una tragedia tale da piegare l’uomo che rifiuta di arrendersi fino a decomporlo e trasformare in un fossile senza vita ciò che un tempo rappresentava il mito dell’uomo eroico e vittorioso, dell’uomo di virtù degli umanisti.
Roberta Vanali
Nuoro // fino al 24 febbraio 2012
Cavalli e cavalieri. Marino Marini
a cura di Lorenzo Giusti e Alberto Salvadori
MAN
Via Sebastiano Satta 27
0784 252110
[email protected]
www.museoman.it
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