Guido van der Werve a impatto zero
Alla Fondazione Giuliani, fino al 23 marzo, va in scena l’impresa di Guido Van der Werve. Che nuotando, pedalando e camminando è riuscito a raggiungere Parigi partendo da Varsavia. Merito indovinate di chi? Di Frédéric Chopin (e anche un po’ di Alessandro Magno). Leggere (e guardare) per credere.
Guido Van der Werve, artista olandese classe ’77, percorre il tragitto Varsavia-Parigi – in sequenza – a nuoto, in bici e a piedi, vestito sempre di nero (per affrontare a bracciate i fiumi anche maestosi dell’Europa continentale serve infatti la muta). Lo fa nel segno di Frédéric Chopin, che a entrambe le città ha legato in vita il proprio nome, avendo in mente nel contempo l’epopea delle conquiste di Alessandro Magno, il quale, proprio come il musicista di origini polacche, non riuscì mai a tornare indietro.
L’impresa di van der Werve si traduce in una sinfonia paesaggistico-performativa strutturata in atti, per quasi un’ora di videoproiezione, fatta di riprese che lo vedono incedere per campagne a velocità anche impressionanti, e di intermezzi in forma di coup-de-théâtre. Fanno il resto la continua apparizione di musicisti intenti a suonare arie maestose e avvolgenti, e inquadrature circolari di luoghi di interesse archeologico, anche extraeuropei, che alludono alle gesta dell’imperatore macedone.
Durante i circa 1.500 chilometri percorsi a impatto zero l’artista s’imbatte in bizzarri (e un po’ pericolosi) fuori-programma – sempre, peraltro, quando smette di nuotare/pedalare/camminare. Prende letteralmente fuoco, come capita – per l’appunto – agli strumenti musicali nei quadri di Magritte; viene sollevato da una gru meccanica, sicché prende a ciondolare come un impiccato su uno skyline fatto di anonime case a schiera; finisce in un appartamento-labirinto dove sembra di essere inghiottiti in un’allucinazione lynchiana. Il tutto, ogni volta, al cospetto di orchestrali che eseguono partiture incantevoli.
Il video soffre un po’ di schematismo, e gli “acuti” non sempre sono avvincenti. Detto questo, van der Werve si conferma artista originale, oltre che talentuoso, per la sua tendenza a collocare il verbo duchampiano, fatto di icastici slittamenti di senso, entro le coordinate del cinematico. Qui di rimarchevole c’è infatti la commistione tra la dimensione idillica del cosiddetto “paesaggio con figura” – di ascendenza giorgionesca e poi romantica –, e la sussistenza di parametri estetici di segno opposto, ascrivibili alla ritmica “angolare” tipica dei videogiochi, delle comiche e – in senso lato – dell’avanguardia in quanto tale.
Se letta in quest’ottica, la coesistenza in uno stesso racconto di due personaggi per molti versi concettualmente opposti come Chopin e Alessandro Magno, può dare delle soddisfazioni.
Pericle Guaglianone
Roma // fino al 23 marzo 2013
Guido van der Werve – Nummer Veertien, Home
Fondazione Giuliani
Via Gustavo Bianchi 1
[email protected]
www.fondazionegiiuliani.org
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