Aguzzate la vista e seguite le orme di Richard Wagner: vi porteranno alla mostra Il wagnerismo nelle arti visive in Italia, allestita nel sempre straordinario Palazzo Fortuny di Venezia. Subito due cose importanti per apprezzare al meglio questa esposizione: è la prima nel suo genere e bisogna conoscere (almeno un po’) i lavori di Wagner.
Non è facile districarsi tra le opere disseminate sui tre piani: l’allestimento è – come di consueto a Palazzo Fortuny – spaesante. Forse per la troppa concentrazione e, soprattutto, perché si spazia dal teatro alla pittura, dalla scultura alle incisioni. E non mancano invenzioni, poltrone della Fenice e documenti vari.
Come un salmone, la mostra cerca di risalire la corrente del filone pittorico del wagnerismo: al centro dell’attenzione c’è il nucleo delle opere di Mariano Fortuny, che sono messe a confronto con quelle di altri artisti dell’epoca come Lionello Balestrieri, Giuseppe Palanti, Cesare Viazzi e Alberto Marini. Per tutti il comune denominatore è Wagner. Inoltre non mancano omaggi al compositore di artisti contemporanei: una selezione di Joan Brossa, Anselm Kiefer, Antoni Tàpies e Bill Viola.
Si delinea così la più completa declinazione del wagnerismo; una mostra omaggio, ma anche un ciclo wagneriano di cui Mariano Fortuny ne è autore. E non finisce qui. La mostra continua al terzo piano con l’esposizione Scena muta per nuvole basse di Mirco Marchelli. Qui la mostra prende un bivio: da una parte ci sono i lavori dell’artista, dall’altra ancora un omaggio al compositore tedesco. In quella che è la soffitta del palazzo, le opere di Marchelli si sposano perfettamente con i colori del legno delle travi e del pavimento. In un’ottica di 360 gradi troviamo: fogli strappati con scritture sbiadite, stoffe polverose, cartoni e fotografie, e addirittura un materasso rivestito.
Ma il fiore all’occhiello di questo piano (e qui torniamo all’omaggio wagneriano) è l’opera Nuvole Basse: all’interno di una stanzetta buia (l’autore ha voluto ricreare il “golfo mistico” wagneriano, lo spazio incavato in cui suonava l’orchestra durante le opere liriche) c’è un sistema di 24 altoparlanti. Ciascuno riproduce un solo strumento (flauti e ottoni), creando l’impressione di trovarsi al centro dell’ensemble musicale. Tutto accompagnato dalla voce recitante dello stesso Marchelli. Cinque minuti nel buio totale, accarezzati da questa sinfonia di musica e parole.
Il terzo piano è dunque il peso che cerca di equilibrare un po’ tutta la mostra: dopo i primi due (che più difficilmente si lasciano fruire), l’ultimo è di certo quello più silenzioso (certo, Nuove Basse a parte). Infatti le opere di Marchelli – povere, minimali – non gridano, non cercano di imporre la loro presenza; parlano a bassa voce. Ne troverete sparse, come briciole di Pollicino, nei due piani inferiori (ma sono ben camuffate all’occhio poco attento).
Una mostra che dialoga, non con lo spettatore, si badi bene. Ma c’è dialogo tra le opere, c’è interazione tra i piani, e il secondo è il punto sutura tra il wagnerismo di Fortuny e quello di Marchelli.
Post scriptum: la musica che sentirete al primo piano non è la radio dimenticata accesa dall’inserviente, ma una selezione – rifatta per piano – di alcune delle più celebri sinfonie di Wagner.
Paolo Marella
Venezia // fino all’8 aprile 2013
Fortuny e Wagner. Il wagnerismo nelle arti visive in Italia
a cura di Paolo Bolpagni
Mirco Marchelli – Scena muta per nuvole basse
a cura di Paolo Bolpagni e Elena Povellato
PALAZZO FORTUNY
San Marco 3780
041 5200995
[email protected]
fortuny.visitmuve.it
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