Ritorno all’ordine. Arte tra le due guerre a Forlì

I miti e la tradizione. La comunicazione di regime e il design industriale. Tutto in nome di un classicismo moderno, per il quale “non si tratta di far fremere la pelle e di far risaltare i muscoli, né di esplorare la propria anima”. Novecento va in mostra a Forlì, presso i Musei di San Domenico, fino al 16 giugno.

Pratica antica quella della damnatio memoriae. Gesto necessario e liberatorio nella Roma repubblicana e imperiale quando, per tutelare l’onore della città, si potevano cancellare le tracce di una persona, a partire dal nome, fino a tutte le raffigurazioni che la ricordavano: statue, dipinti, iscrizioni. Comprensibile reazione del popolo ai tiranni e alle dittature, il suo uso si è mantenuto fino a oggi – basti pensare allo scenografico abbattimento delle icone di Saddam Hussein – e ha attraversato secoli di storia e vicende di Paesi tra loro lontani. Inevitabilmente una damnatio memoriae avvenne in Italia dagli anni Quaranta del secolo scorso a danno dell’arte promossa dal regime fascista: quando non vi fu la distruzione reale, si scelse l’oblio. E la storia dell’arte ufficiale ignorò vent’anni di pittura, scultura, architettura e design.
La lacuna però ha ora la possibilità di essere colmata per merito di una mostra che non ha alcun odore di revisionismo, ma che si fonda coraggiosamente su una ricerca storica e su una prospettiva di recupero di quel movimento, Novecento, che si affermò in Italia su presupposti europei, quelli del ritorno all’ordine proclamato da Jean Cocteau nel 1917 e che coinvolse gli artisti in una linea di riscoperta della figura, partendo dal superamento dell’Impressionismo tanto quanto del Futurismo. Grandi promotori e organizzatori furono Margherita Sarfatti e Giuseppe Bottai, quest’ultimo definito da Antonio Paolucci, “il più intelligente ministro della Cultura che l’Italia moderna abbia avuto”; mentre tra gli artefici protagonisti della produzione del Ventennio si ritrovano i nomi più noti del secolo scorso: Gino Severini e Felice Casorati, Adolfo Wildt e Giò Ponti, Libero Andreotti e Marcello Piacentini, Mario Sironi e Giorgio de Chirico, senza dimenticare alcuni dei futuristi più attivi, come Carlo Carrà.

Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre – veduta della mostra presso i Musei di San Domenico, Forlì 2013

Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre – veduta della mostra presso i Musei di San Domenico, Forlì 2013

L’esposizione di Forlì – che non a caso si colloca in un contesto urbanistico caratterizzato proprio da una pianificazione di regime – apre quindi un’ampia finestra in quelli che furono i decenni tra le due guerre mondiali, ed espone più di cinquecento opere in un percorso per temi, proprio con lo scopo di ricreare un’ambientazione il più possibile completa e comprensibile, alla quale si intreccia la linea guida della cronologia: dopo uno strepitosa dichiarazione d’intenti che vede affiancati La città ideale della Galleria Nazionale delle Marche e Silvana Cenni di Felice Casorati, l’apertura è dedicata al culto dei caduti per la Patria, per poi toccare i grandi temi della comunicazione pubblica fascista. E ancora, l’arte grafica dei cartellonisti, l’architettura e l’urbanistica, i miti della conquista della terra, del lavoro, del “genio italico”, del mare, della maternità e dello sport. Non solo dipinti e sculture, ma anche progetti, bozzetti, elementi d’arredo e la moda, con abiti e calzature di un’eleganza forse mai più raggiunta.
Renato Guttuso e Giacomo Manzù congedano i visitatori: a prima vista fuori contesto, sono invece la chiara testimonianza di una vasta sconfitta che ha coinvolto un intero sistema politico e tutto un popolo, dopo i disastri di una guerra e di un lungo regime.

Marta Santacatterina

Forlì // fino al 16 giugno 2013
Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre
a cura di Fernando Mazzocca
Catalogo Silvana Editoriale
MUSEI DI SAN DOMENICO
Piazza Guido da Montefeltro 2
199 757515
[email protected]
www.mostranovecento.it

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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