Si parte dalla formazione dei singoli linguaggi: il primo decennio del Novecento per Klee, con lo Judgenstil come riferimento, e i Venti per Melotti, che si muove in modo antidogmatico nell’atmosfera del Ritorno all’ordine. La prima sala raccoglie tra l’altro incisioni venefiche di Klee come Testa minacciosa e Vergine sognante; di Melotti, esemplari classicheggianti di teste in bronzo e gesso e le prime deviazioni personali, come gli spiritosissimi Lama e Tricheco in ceramica.
Concluso il prologo, la seconda sezione è il primo movimento di un’esposizione che ha il respiro e le alternanze di una composizione musicale. Intitolata Astrazioni e geometrie, riassume gli stili più conosciuti dei due con opere degli Anni Trenta. Ma poi “la figura si fa linea“, come dice il titolo di un’altra delle sezioni, e la linea si fa musica: il capitolo Ritmi musicali è una vera e propria sinfonia, dove si rintracciano i legami strettissimi che entrambi vedevano tra l’arte visiva e la composizione musicale. Il criterio cronologico salta e si trovano fianco a fianco opere come Invernale (paesaggistico=astratto) (1923) di Klee e Fantasia (1972) di Melotti, che per un attimo sembrano davvero gemelle.
Sfilano poi gli altri temi che accomunano i due: l’arte come scrittura; il paesaggio e la città, e dunque l’opera come mondo autonomo, universo in miniatura; la zoologia fantastica e l’uomo come ibrido, mostruoso o buffo (sorprendenti il Gatto cane di Melotti e il Vale anche per le piante di Klee); lo spazio dell’opera come scena teatrale; la natura, ovvero le foreste delineate nei lavori dalla geometria dissoluta di Klee e nelle esilità di Melotti.
Con la sua tridimensionalità vulcanica (si pensi solo ai teatrini polimaterici), Melotti copre un po’ Klee, rappresentato da opere relativamente più sommesse. Ma entrambi emergono con lavori straordinari.
Si manifestano pian piano, chiamandosi e contraddicendosi, le affinità e le differenze tra i due artisti. Più idealista Melotti, corteggia i sensi ma tende allo scongiuro della dissoluzione; Klee invece fa emergere le sue visioni da una zona d’ombra che è coscienza preventiva della mortalità. Il contrasto tra razionalità e istinto è portato al parossismo da Melotti, mentre Klee finge di neutralizzarlo in partenza, per poi farlo esplodere. Entrambi producono visioni quasi animiste, ben sapendo che la fusione di linea, forma, uomo e mondo è un’utopia. Che però si realizza per un attimo guardando le loro opere.
Stefano Castelli
Lugano // fino al 30 giugno 2013
Paul Klee / Fausto Melotti
a cura di Guido Comis e Bettina Della Casa
MUSEO D’ARTE
Riva Caccia 5
+41 (0)58 8667214
[email protected]
www.mda.lugano.ch
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