Gaspar van Wittel. O della genesi del vedutismo
Chiamatelo come volete, van Wittel o Vanvitelli, ma è lui il capostipite del vedutismo italiano. Dalla sua maniera discendono i grandi veneti: Carlevarijs, Canaletto, Guardi. I disegni esposti fino al 13 luglio alla Biblioteca Nazionale di Roma offrono oggi nuovi spunti di interpretazione critica dell’influenza olandese sul Settecento.
Sono organismi vivi, palpitanti: 52 disegni realizzati per lo più in strada, come base per le sue fortunatissime vedute a olio. Documenti capaci di raccontare, suggerire, rivelare più ancora delle loro trasposizioni su tela. Vi compaiono – freschi e immediati – gli appunti dell’artista sui colori da usare, i reticoli numerati per guidare la copiatura in grande, gli schizzi vivaci e rapidi della gente. Ma dalla carta emergono anche i segni della fatica: le macchie, l’usura per il lungo studio e l’osservazione. Quel tener la carta accanto alla tela come modello per replicare più e più volte la veduta, per ognuna interpretando un nuovo dettaglio o elaborando una nuova luce.
Questi lavori di Gaspar van Wittel (Amersfoort, 1653 – Roma, 1736), costituiscono oggi una delle più importanti collezioni della Biblioteca Nazionale di Roma. Pervenuta al patrimonio dell’istituzione nel 1893 con una lungimirante operazione dell’allora direttore Domenico Gnoli, la raccolta è per la prima volta mostrata nella sua interezza, accanto ad alcuni prestiti di dipinti e manoscritti provenienti da importanti istituzioni scientifiche e culturali.
Padre del noto architetto della Reggia di Caserta, Gaspar si trasferì a Roma dall’Olanda poco più che ventenne e presto il suo nome venne declinato in Gaspare Vanvitelli. Qui si dedicò quasi unicamente alla prospettiva urbana, catalizzando un nuovo genere pittorico, quello della “veduta di città”, che sarà poi patrimonio dei più celebri pittori veneti.
Ed è proprio il rapporto tra l’invenzione Vanvitelliana e il vedutismo veneziano di Carlevarijs e soprattutto di Canaletto il nocciolo di una questione critica che dura da più di mezzo secolo. Ma intorno alla nascita della veduta, il primato tra Roma e Venezia non è l’unico tema controverso, dovendo gli studiosi confrontarsi anche con il discusso contributo che potrebbero aver avuto i nuovi e sofisticati dispositivi ottici per la restituzione grafica provenienti proprio dall’Olanda di Gaspar.
Il punto di tangenza tra l’ormai affermato van Wittel e il giovane Canaletto potrebbe essere proprio Roma nel 1719, come afferma Laura Laureati. Certo è che la breve esperienza romana di Antonio Canal sembra averlo definitivamente contaminato con il genere di cui sarà poi per sempre simbolo.
Dunque, se Vanvitelli porta con sé un nuovo modo di guardare al mondo, che si traduce nella purezza dei suoi ritratti di città, un altrettanto nuovo modo di interpretare i suoi dipinti, a partire dalla loro genesi, viene offerto oggi dalla Biblioteca Nazionale. Una mostra che rivela anche come uno sforzo intelligente riesca per un attimo a far dimenticare la tragica carenza di fondi con cui devono fare i conti le nostre istituzioni culturali.
Sono disegni in grado di testimoniare la gestazione laboriosa e il guizzo intuitivo di van Wittel. Documenti ricchi d’impronte, quasi tracce fisiologiche dell’autore, che emergono da fondi archivistici riservati ordinariamente agli specialisti, per mostrare cosa c’era sotto la pelle delle pitture che suggestionarono il Settecento.
Alessandro Iazeolla
Roma // fino al 13 luglio 2013
Gaspar van Wittel – I disegni. La collezione della Biblioteca Nazionale di Roma
a cura di Margherita Breccia Fratadocchi e Paola Puglisi
BIBLIOTECA NAZIONALE
Viale Castro Pretorio 105
06 4989344
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