Ori Gerscht e la morte di Walter Benjamin
La vicenda drammatica di Walter Benjamin, suicida a un passo dalla salvezza, braccato dai nazisti e col suo ultimo manoscritto nella borsa. Una storia che nella videoinstallazione di Ori Gerscht diventa specchio di introspezione e riflessione filosofica. Al Madre di Napoli, fino al 23 giugno.
L’israeliano Ori Gersht (Tel Aviv, 1967), professore di fotografia presso la University for the Creative Arts di Rochester, torna in Italia. La sua videoinstallazione Evaders parte dal disperato tentativo di fuga del filosofo ebreo tedesco Walter Benjamin dai nazisti. L’artista mette a fuoco la leggendaria Lister Route, la linea dei Pirenei che cuce la Francia con la Spagna, utilizzata pure dai Repubblicani spagnoli in fuga dal Franchismo, attraverso la quale il filosofo tedesco, in sola compagnia del suo ultimo manoscritto rinchiuso in una borsa, ha tentato il passaggio clandestino.
Dentro orizzonti infiniti e mozzafiato, dalle maestosità alla Friedrich e alla Turner da far risuonare il sublime kantiano, si staglia la piccolezza dell’uomo, la cui immersione nel paesaggio non è semplice visione, ma replica emotiva che mette i brividi. Il dettaglio su cui Gersht si sofferma cattura il pensiero, trasferendolo in una dimensione eterna dove l’esperienza del singolo sfugge alla realtà per rendersi apparizione di una dimensione astratta.
Ori Gersht racconta di essersi ispirato all’Angelus Novus di Paul Klee, l’acquerello acquistato da Benjamin nel 1922 come effigie della propria filosofia della storia in perenne movimento, con la figura angelica mezzo mostro e mezzo animale e la sostanziale idea di fondo che non si è più ciò che si è stati e non si è ancora ciò che si diventerà. L’angelo, del resto, rende visibile ciò che non si può vedere o che ognuno prova a vedere come vuole.
Giocando con la tecnologia e la percezione ottica, la tecnica è quella della fotografia in stop-motion che coglie l’attimo fuggente e la decisa superiorità del divenire sull’essere. Avevamo ancora negli occhi le esplosioni dei frutti e dei fiori sospese nelle sue immagini famose in tutto il mondo, come meraviglie che vanno in pezzi, proiettili di vita che feriscono la vita stessa dentro l’illogicità e la perfidia della natura matrigna. Un profumo di vita e di morte si respira nell’aria dei suoi drammi, in continuo equilibrio su fili sottili e acque torbide, atmosfere sincere e coerenti con la transitorietà vissuta ad Israele. Ci troviamo a fare ancora i conti con ciò che siamo e ciò che diventeremo, con la precarietà della convinzione che sia il tempo a passare nelle nostre vite di fronte alla brutale consapevolezza che siamo noi e le nostre vite a sfilare involontariamente nel tempo, meravigliati dalla bellezza della paura e della distruzione.
Nelle opere di Gerscht non è possibile sfuggire all’attimo che scorre, dal casus belli, dal motivo scatenante che si ferma dinanzi agli occhi solo per chi guarda. E così per necessità battiamo la strada dell’uscita in un percorso dentro noi stessi, oltre il visibile, al di là del bene e del male, dove la Lister Route non è altro che la nostra identità, senza luogo né tempo, sempre al lavoro a proteggerci dallo straniero che ci abita.
Ivana Porcini
Napoli – fino al 23 giugno 2013
Ori Gersht – Evaders
a cura di Ludovica Lumer
MADRE
Via Settembrini 79
081 19313016
www.museomadre.it
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