Tre donne, tre fotografe, tre racconti
Impegnate e coraggiose, consapevoli del potere delle immagini e convinte dell’assunzione di responsabilità di ogni pratica artistica, tre fotografe propongono a Modena progetti che oltrepassano i confini dell’estetica e dei contesti geopolitici, in una riflessione che porta alla luce tre spettri del loro/del nostro presente.
Gli spazi talvolta creano una mostra, ne assecondano il senso: sono spazi di un ex ospedale quelli che a Modena accolgono le stampe fotografiche con equilibrio, ascoltando le esigenze intime dei progetti e concedendo loro ambienti delimitati e vuoti tanto quanto grandi pareti dove affollare decine di immagini in sequenza. La rarefazione valorizza e si accorda con le fotografie di Mitra Tabrizian (nata a Teheran), artista che lavora mediante scene costruite come un set cinematografico, che non lasciano nulla al caso e che in alcuni scatti fanno sorgere il dubbio del fotomontaggio per il senso di straniamento che riescono a dare le persone su sfondi che paiono essere una cosa e invece sono altro. Perché il progetto Another Country sembra pienamente iraniano, e invece è stato realizzato a Londra: l’Occidente si percepisce solo nei dettagli, mentre il tema portante è il conflitto che si crea a partire dall’identità culturale fuori contesto, in una sorta di strategia culturale di resistenza.
Altra zona calda, ormai da un tempo che pare infinito, quella della Palestina, terra d’origine di Ahlam Shibli (Palestina, 1970): Death è una serie di circa 70 fotografie di documentazione, di indagine sulle icone dei “martiri” – assassinati, suicidi o imprigionati – del conflitto arabo-israeliano che sono diventate una costante del vivere quotidiano pubblico e privato in Palestina fino a costituire un vero e proprio culto collettivo. Dalle case alle strade, dai cassetti ai cimiteri spuntano i ritratti di uomini e donne che hanno perso la vita e che forse sono l’unico filtro attraverso cui osservare il futuro. L’artista non concede nulla all’estetica delle immagini il cui solo e ultimo scopo è mostrare la presenza quasi ossessiva dei caduti nella vita del popolo palestinese.
Zanele Muholi (Durban, 1972) è la terza donna protagonista di queste “tre storie vere”: una donna – che si definisce “attivista visiva” – alle prese con una femminilità che non le è propria, almeno non nel senso convenzionale. Il suo essere lesbica in un continente come l’Africa l’ha portata a riflettere sulla dignità e sui diritti della comunità LGTBI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali) a cui appartiene, dando avvio a un archivio, una “schedatura positiva” in costante aggiornamento e crescita di ritratti di sudafricane, accompagnati dai rispettivi nomi e cognomi. Un “invito alla consapevolezza” e alla legittimazione contro le discriminazioni sessuali mediante una storia visiva della comunità.
Tre esistenze differenti, tre mondi estranei uno all’altro, tre diversi registri narrativi, e un solo punto in comune fra le artiste: quello di usare la fotografia quale vettore di conoscenza, di riflessione e di responsabilità.
Marta Santacatterina
Modena // fino al 23 giugno 2013
Three True Stories. Tre storie vere
EX OSPEDALE SANT’AGOSTINO
Via Emilia Centro 283
059 239888
[email protected]
www.fondazionefotografia.it
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