Fogli di carta attaccati alle pareti con nastro adesivo, buste di plastica chiuse in vetrinette, tavoli su cui sono appoggiati scritti vari e cartelline… Siamo forse passati dall’Arte Povera all’arte povera-povera, poverissima? In realtà Errors Allowed, la mostra realizzata per la Biennale dei Giovani Artisti, Mediterranea 16, fa parte di un progetto nato nel 1985 e promosso da un network internazionale che conta oltre 60 partner da tutti i Paesi del Mediterraneo.
Attraverso un bando, gli otto curatori hanno selezionato i 250 artisti, tutti giovanissimi e provenienti da una vasta area assai rappresentativa. L’occasione ha quindi le caratteristiche di internazionalità, professionalità e indipendenza tali da iniziare a porci alcune domande su quale è oggi il ruolo dell’artista e che cosa sarà in futuro l’arte.
La povertà nella realizzazione di gran parte delle opere, la trascuratezza nella scelta dei materiali e della forma, la mancanza stessa di una qualche estetica, anche nella loro impaginazione nel contesto esposizione, mette in mostra una prevalenza di opere concettuali, dove quasi del tutto è abbandonata la sperimentazione sui linguaggi da impiegare per raccontare l’emotività del presente, a favore di una estenuante ricerca di informazioni che fagocitano la ricerca stessa, dando spesso l’impressione del già visto.
Internet è quasi del tutto assente come linguaggio. Il video stesso non viene sperimentato, ma torna a essere usato per documentare progetti e idee. La funzione dell’artista in generale non sembra quella di creare nuovi mondi, anticipare visioni, ma principalmente conservare memorie. Gli artisti, seppure giovanissimi, sembrano proiettati più nel passato che nel futuro.
Spesso nelle opere gli artisti non raccontano l’Io ma la collettività, e quando pure lo fanno, le loro storie non sono storie di sentimenti individuali, ma, forse abituati a condividere emozioni sui social network, si rapportano con un paesaggio sociale, costruendo una nuova geografia emozionale.
La facilità con cui intrecciano espressioni diverse, quella del corpo, quella visiva e quella musicale, soprattutto, fanno intravedere una sorta di infedeltà al mezzo, che è in rapporto alla noncuranza nel modo di esprimersi. La pittura non esiste più. Esclusa anche la Urban Art, che pure tenta di raggiungere un pubblico diverso da quello del sistema dell’arte.
E il pubblico? Può entrare in questo sistema mentale senza una mediazione? Cosa può scegliere se non il già visto, in cui si può riconoscere? È forse solo un pubblico di creatori artisti che si rincorrono per festival? È un pubblico di cittadini che fanno parte del progetto-opera? Il pubblico oggi sembra incluso nell’opera.
Annalisa Filonzi
Ancona // fino al 7 luglio 2013
Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo – Mediterranea 16
a cura di Charlotte Bank, Alessandro Castiglioni, Nadira Laggoune, Delphine Leccas, Slobodne Veze/Loose Associations (Natasa Bodrozic, Ivana Mestrov), Marco Trulli e Claudio Zecchi
MOLE VANVITELLIANA
Banchina da Chio 28
[email protected]
www.bjcem.org
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