Kapoor superstar a Berlino

“È fondamentale chiederci dove siamo, cosa siamo”. Così Anish Kapoor spalanca i battenti dell’imponente personale Kapoor in Berlin, aperta fino al 24 novembre al Martin Gropius Bau. Una grande mostra per un artista che è difficile ignorare.

Il curatore Norman Rosenthal – inglese da sempre attivo nella capitale tedesca – ha saputo dar vita a una retrospettiva esauriente e coinvolgente, con opere che riflettono l’indole idealista di questa città, che ha abbattuto i confini tra Est e Ovest, e che proprio in questi giorni si presenta animata dal Carnevale delle Culture.
Anish Kapoor (Bombay, 1954; vive a Londra) è ormai un idolo e un simbolo. Uno degli artisti più celebri e celebrati del panorama internazionale, forse l’interprete più efficace di una sensibilità contemporanea che supera i limiti tra differenti culture e religioni. La sua creatività si eleva nell’approdo a un’estetica che scaturisce dall’incontro tra sapienza tecnica e sacralità apotropaica, così profonda che riesce a essere collettiva e trasversale. La mostra mette in scena con perizia un allestimento dove risaltano l’inclinazione metafisica e la curiosità vorace per i differenti materiali – naturali e artificiali – che si organizzano cristallizzandosi in cicli di opere:  pietre, pigmenti, specchi, cere, cementi, resine.

Tra i lavori in cera, il più drammatico è Shooting into the corner (2008-9), in cui una scultura si concretizza per effetto di un cannone che spara ogni venti minuti proiettili di cera vermiglia nell’angolo di una sala bianca. Perfino commovente invece è The Death of Leviathan (2011-2013), in cui l’enorme struttura in PVC installata al Grand Palais parigino per Monumenta 2011 si presenta destrutturata come un mostro marino agonizzante, accasciato sul pavimento di tre saloni in infilata.
Ma la mostra sfodera un inizio davvero mozzafiato con l’installazione creata appositamente per il cortile del Martin Gropius Bau, connotato da un lugubre stile neorinascimentale di fine Ottocento. Symphony for a Beloved Sun (2013; un progetto compare in un’intervista alla BBC del 28 novembre 2009) si presenta con un enorme sole rosso circondato da quattro rampe nere, dotate di tapis roulant in lento movimento. Le strutture industriali si alzano in diagonale trasportando blocchi di cera rosso sangue che ricadono al suolo con tonfi inquietanti in mucchi informi. L’opera è dichiaratamente ispirata a El Lissitzky, che insieme a Kasimir Malevich ha creato nel 1913 lo spettacolo Vittoria sul sole, e che con i suoi Proun (“progetti per l’affermazione del nuovo”) ha immaginato un universo inedito, definito come “una stazione di passaggio sulla strada che va dalla pittura all’architettura”.

Anish Kapoor - veduta della mostra presso la Gladstone Gallery, New York 2012 - photo David Regen - © Anish Kapoor / VG Bildkunst, Bonn, 2013

Anish Kapoor – veduta della mostra presso la Gladstone Gallery, New York 2012 – photo David Regen – © Anish Kapoor / VG Bildkunst, Bonn, 2013

Come il costruttivista russo, Kapoor dà vita a un rivoluzionario sistema visivo di coordinate spazio temporali, nato dall’incontro tra la storia dell’edificio e le molteplici anime personali, e destinato a trovare una futuro in un mondo ricollocato “aldilà di Dio e del diavolo, del bene e del male”.

Gaia Bindi

Berlino // fino al 24 novembre 2013
Kapoor in Berlin
a cura di Norman Rosenthal
MARTIN-GROPIUS-BAU
Niederkirchnerstrasse 7
+49 (0)30 254860
www.gropiusbau.de

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Gaia Bindi

Gaia Bindi

Storica dell’arte, critica d’arte, curatrice. Docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Carrara, è laureata e specializzata in Storia dell’arte contemporanea. È stata borsista della Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi di Firenze, ha lavorato…

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