Max Ernst, un rivoluzionario della visione
Appena prima dell’inizio della 44esima edizione di Art Basel, la Fondazione Beyeler inaugura la più grande retrospettiva che sia mai stata dedicata in Svizzera a Max Ernst. Un artista che non è “solo” un surrealista. Fino all’8 settembre. Accanto a Maurizio Cattelan.
Gli incantevoli e funzionali spazi progettati da Renzo Piano per la Fondazione Beyeler riescono bene a valorizzare una mostra che, già di per sé, è un gioiello, non solo per via della qualità delle opere esposte (alcune delle quali vere e proprie sorprese) ma anche per la precisa linea curatoriale, puntuale a livello storico-critico, ricca di apparati di informazione e approfondimento.
La più ampia retrospettiva elvetica riservata a Max Ernst (Brühl, 1891 – Parigi, 1976) raccoglie oltre 160 opere, tra dipinti, collage, disegni, sculture e libri illustrati, ricostruendo con attenzione quasi “filologica” la ricerca dell’artista, molto più complessa di ciò che spesso viene riportato sui libri. Il percorso espositivo delinea un Ernst esploratore dell’immaginazione, dalla prima fase di ribellione dadaista al Surrealismo parigino, fino al superamento di questo attraverso la sperimentazione di numerose tecniche, alcune delle quali (per esempio l’oscillazione) antesignane di forme artistiche come il dripping di Pollock.
Instancabile viaggiatore e prolifero artista, Max Ernst ha tracciato nell’arte una parabola di oltre sessant’anni (dal 1915 al 1975), in un periodo storico tra i più significativi e tempestosi della storia mondiale recente, riunendo opere ispirate dai miti antichi, dalla natura, dagli studi sulla psicoanalisi e sulle religioni, dall’astronomia, dalla matematica, dalla filosofia, dalle frequentazioni amorose e dalle amicizie, ma soprattutto dalla sua stessa fervida immaginazione, imprescindibile giacimento a cui Ernst non ha mai rinunciato ad attingere. “Eversiva, difforme, incoerente, la mia opera è inaccettabile per gli specialisti dell’arte, della cultura, del comportamento, della logica, della morale. In compenso ha il dono di affascinare i miei complici, i poeti, i patafisici e un paio di analfabeti”: così l’artista scriveva nel 1970, come se, agli sgoccioli della sua carriera, rivedesse nella non-linearità del suo percorso, la sua più grande realizzazione. La sua arte era nata per compiere questa vocazione, ovvero reinventarsi, dal momento che la coerenza (come si può ben capire dalle sue stesse parole) non viene vissuta come condizione necessaria. Una varietà che si esprime anche nell’uso, oltre che delle tecniche classiche, di espedienti artistici poco comuni come il frottage, il grattage, la decalcomania e, appunto, l’oscillazione.
L’esposizione, nella sua scrupolosa scansione cronologica, è capace di dare risalto all’eclettismo e alla libertà artistica di Ernst, offrendo la possibilità di rileggere in modo approfondito una delle personalità più interessanti del XX secolo.
Serena Vanzaghi
Riehen // fino all’8 settembre 2013
Max Ernst – Retrospective
a cura di Werner Spies e Julia Drost
FONDAZIONE BEYELER
Baselstrasse 101
+41 (0)61 6459700
[email protected]
www.beyeler.com
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