Con Odescalchi fuori dal tempo

Al Museo Bilotti, un’installazione fatta di quadri evoca un’era geologica preistorica. In una stanza-caverna le tele sprofondano l’una nell’altra. Un unico simbolo stabile e riconoscibile enfatizza l’atmosfera atavica. A Roma, fino al 6 ottobre.

C’è una stanza-caverna adesso al Museo Bilotti, ubicata al primo piano dopo le sale della collezione permanente, dove si trova Prima dei Geografi, un’installazione pittorica di Innocenzo Odescalchi (Roma, 1956). Questi sfrutta lo spazio intimo in maniera suggestiva quanto inaspettata, riempiendolo di quadri di varie dimensioni, tra i quali tre tridimensionali appoggiati contro il muro, e due tondi. I lavori, densamente installati uno appresso all’altro, fitti di colori saturi, ruvidi superfici, tele délabré, consistenze modellate e strapazzate, danno la sensazione di trovarsi calati nel ventre di una roccia primordiale. Come indicato dal titolo, richiamano l’era prima della geografia – perciò della storia e delle sue costruzioni sociali – evocando un’epoca geologica preistorica e mettendo in prospettiva l’umano.
Nell’applicazione del colore, Odescalchi usa un impasto denso che causa sottili variazioni e tonalità, rendendo scintillanti le superfici dei quadri. I suoi squarci di colore danno l’impressione che uno strato superficiale sia stato “strappato” dalla tele, per rivelare altri colori sottostanti. E in vari punti è in effetti questa la procedura adottata dall’artista. In altri, l’artista applica materiali sulla vernice fresca, imprimendo su di essa il loro pattern. Come se fosse ignaro dei propri limiti perimetrali, ogni quadro sprofonda visivamente nell’altro; e oltrepassando la sua bidimensionalità, la tela si fonde con il colore, le differenti texture e le forme.

Innocenzo Odescalchi, Prima dei geografi V, 2011

Innocenzo Odescalchi, Prima dei geografi V, 2011

Solo un occasionale giaguaro stilizzato attraversa queste pareti impastate, unico simbolo stabile e riconoscibile nel continuum delle tele ricche, impervie e mute. Proprio in virtù di questa sua unicità e dell’ambiguità contestuale che incarna – per il suo essere fuori luogo perché appartenente irriducibilmente alla storia –, il giaguaro come simbolo enfatizza l’atmosfera atavica della terra richiamato nel ciclo pittorico. Il simbolo rende concettualmente evidente quello che è già materialmente palpabile in questa installazione: l’ostensione di forme e fenomeni naturali intensi e misteriosi, che richiamano preistorici luoghi fatti di caverne e densa vita vegetale, visti attraverso un gioco di luce e di ombra che infonde all’insieme una profondità poetica fuori dal tempo.

Daniela Salvioni

Roma // fino al 6 ottobre 2013
Innocenzo Odescalchi – Prima dei geografi
MUSEO BILOTTI
Via Fiorello La Guardia
06 0608
[email protected]
http://www.museocarlobilotti.it/

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