Morte e resurrezione secondo Marco Bagnoli
Attraversando epoche e luoghi distanti, la ricerca di Marco Bagnoli incarica l'arte di un compito elevato: evocare il principio generatore e la sapienza profonda a cui si riferiscono tutte le religioni e le tradizioni antiche. “Araba Fenice”, la sua ultima mostra, si conclude questo weekend ai Giardini di Boboli di Firenze.
L’Araba Fenice, descritta tra i primi da Erodoto come volatile splendido dal piumaggio dorato e cremisi, poteva rinascere dalla proprie ceneri; tale mito di resurrezione, condiviso dai tempi arcaici tra culture differenti, racchiude in sé una doppia valenza: la bellezza mistica dell’assoluto e il mistero, poiché l’uomo non sa spiegarlo, della continua generazione.
Coniugato con varietà estrema, è questo il riferimento, valido come esortazione d’inizio e tensione finale, che attraversa l’insieme delle opere di Marco Bagnoli (Firenze, 1948). A seguire precedenti installazioni in luoghi storici e suggestivi di Firenze, l’artista, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale e a cura di Sergio Risaliti, ispirandosi nel titolo proprio all’uccello sacro torna con un nuovo intervento, questa volta nella Limonaia grande del Giardino di Boboli di Palazzo Pitti e nell’antistante giardino di rose e limoni. La mostra – meglio definirla percorso, considerando che la sollecitazione al visitatore oltre che sensitiva muove in profondità – si costruisce nell’incontro tra simboli e storie dall’antichità remota, secondo quell’andamento sincretico e dotto che è la nota, se non la natura stessa, dell’arte di Bagnoli.
Così, a partire dalla Fenice, forma ottenuta dalla vicinanza di tre pezzi scultorei diversi e replicata all’interno, si sviluppa la Mongolfiera di raggi sottili con dentro una perla, quest’ultima in analogia alla mandorla mistica cristiana posta alla sommità della porta d’ingresso. Dentro, lo spazio è scandito dall’enorme “disegno” a parete – ottenuto dall’elaborazione di segni la cui materia sono stoffa, gesso e pigmento rosso – che in modo arcano racconta la vicenda favolosa dei Sette Dormienti, di cui si ha memoria nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze ma che sono onorati anche dal Corano: sette credenti, murati in una caverna per non aver voluto sacrificare agli Dei pagani, dormono attendendo la morte; dopo duecento anni vengono svegliati da alcuni muratori che sfondano la parete, diventando con la propria emersione una testimonianza viva del risveglio di Cristo. Agli estremi dello Stanzone, due grandi parabole in bronzo e rame, le Janua Coeli, riflettono rovesciandolo ogni elemento presente nell’ambiente. Concludono all’esterno il vaso scultura, tagliato da una lastra, e il Cane di Hermes; alcune delle opere hanno in accompagnamento sonoro le musiche di Michael Galasso.
In generale, e vale anche per questo, i progetti di Marco Bagnoli non sono ovvi; l’artista con consapevolezza apre scenari che, aldilà del nozionismo, per essere compresi nella loro pienezza e non venire ridotti a pretesto di spiritualità “usa e getta”, richiedono una coscienza ugualmente vigile sia in fase di creazione che di ricezione da parte degli altri, sottolineando però che l’allestimento di Araba Fenice se convince per le varie intuizioni, complessivamente tende alla saturazione.
Matteo Innocenti
Firenze // fino all’8 settembre 2013
Marco Bagnoli – Araba Fenice
a cura di Sergio Risaliti
GIARDINO DI BOBOLI
Via Romana 37a
www.onceevents.com
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